Vita comune - i Cavalieri della Carità

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Vita comune

I CAVALIERI DELLA CARITA' > Tratti specifici

                           LA VITA IN COMUNE DEI CAVALIERI DELLA CARITA'

La loro caratteristica principale e distintiva: tutti per uno ed uno per tutti!
"La caratteristica principale e distintiva dei Cavalieri della Carità deve essere la loro vita comunitaria, vissuta intensamente nella carità fraterna, in modo tale che i Cavalieri formino tra loro una vera famiglia imperniata su Cristo. Questa vita familiare dei Cavalieri deve essere più perfetta di quella in seno alla famiglia naturale, poiché la famiglia religiosa non proviene né "da sangue, né da volere della carne, né da volere d'uomo, ma da Dio" (Gv 1, 13). Che tutti i Cavalieri sappiano che non appena abbandoneranno la loro vita comunitaria il loro Istituto scomparirà" (St 2, art. 34).

Il perché dell'importanza primordiale della loro vita comune:
"Se la vita comunitaria è talmente importante per i Cavalieri della Carità, è perché senza questa essi non protrebbero in alcun modo realizzare la loro specifica vocazione. Poiché è chiamato a vivere la Carità di Cristo sino ad immolarsi continuamente, il Cavaliere deve amare Dio con tutte le forze del suo cuore. Comunque questo amore nei riguardi di Cristo presenta intimi legami di diverso aspetto con l'amore verso il prossimo (cfr Mt 25, 40; 1 Gv 4, 20) che, per il Cavaliere, deve essere in primo luogo per i suoi confratelli. I Cavalieri devono pure diffondere instancabilmente, sino ad immolarsi continuamente, la Carità di Cristo nella Chiesa e nel mondo. Ma per realizzare questa missione, devono innanzitutto vivere la Carità di Cristo in seno alla loro vita comunitaria" (St 2, art. 35).
Pochi, ma buoni! (per lo meno speriamo):
"Le case dell'Istituto non debbono avere più di dieci membri perché i Cavalieri possano condurre una vera vita di famiglia, una vita spirituale più intensa e svolgere un più efficace apostolato" (St 2, art. 10). "Ogni loro Casa deve essere situata al margine delle grandi città" (Pr.s St art. 5). "La Congregazione dovrà rimanere sempre piccola: cinquanta, cento membri" (P 1976.07.21; 00018F*198); "Ho voluto formare una piccola Congregazione dove regnano la carità e la sincerità" (P 1975.02.15 ; 00017F*217); "Meglio rimanere umili e pochi che fare un danno alla Chiesa" (P 1974.01.23 ; 00017F*042).
Oasi, focolare ed esempio per il mondo:

"Ciascun Cavaliere della Carità deve ... fare della Casa dove vive un'oasi ed un focolare di santità, di carità, di pace e di silenzio... L'ordine e la pulizia d'una Casa dell'Istituto riflettono lo spirito e la vita ordinata dei Cavalieri che vi risiedono" (St 2, art. 62). "La fraternità in comunità ... è anch'essa un mezzo d'apostolato; infatti è un esempio che sprona i laici a ricreare l'armonia nelle loro rispettive famiglie" (Rel. 2001).

Buon umore e scherzi da prete!
Il buon umore, parente stretto della gioia e della carità cristiana (cfr. Gv 15, 11-12), è indispensabile sia in una sana vita comune, sia nell'apostolato per attirare le persone soprattutto coloro che si sono allontanati dalla fede con delle scuse ed i cosiddetti anticlericali: "Quando la nostra coscienza è pura, essere gioiosi è facile ... Il Buon Dio ci aiuta ad essere gioiosi per fare dell'apostolato" (P 1967.02.22); "Faccio degli scherzi per mettere le persone a loro agio" (P 1984.05.25; 00018F*550).

 
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