Omelia su specifiche - i Cavalieri della Carità

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Omelia su specifiche

INSEGNAMENTI SULLA RETE

Indice




CONCEPIMENTO VERGINALE DI GESU'

Ai nostri tempi la figura di Gesù Cristo viene spesso volutamente falsificata; pensiamo, per esempio, al Codice Da Vinci. Ebbene, il concepimento verginale di Gesù Cristo in Maria di Nazareth, descritto nell'odierno brano evangelico (cfr Lc 1, 26-38), non è una pia leggenda, ma una verità storica; perciò la Chiesa l'ha proclamata verità di fede.
1. S. Luca scrive che l'arcangelo S. Gabriele fu mandato da Dio a una vergine di Nazareth chiamata Maria (Lc 1, 27). Il significato della virginità di Maria va ben al di là della semplice assenza di rapporti intimi prima del matrimonio osservata per motivi etici e religiosi. In quelli anni c'era una vivissima attesa nel popolo d'Israele per la venuta del Messia Salvatore promesso da Dio nell'Antico Testamento; anzi la sua venuta era data per imminente (cfr Lc 2, 22-38). Inoltre, alcune profezie parlavano della donna dalla quale sarebbe nato il Messia (cfr Is 7, 14; Mic 5, 1-2). questa misteriosa donna sarebbe diventata la regina, assisa alla destra del re messia, attorniata e servita dalle "vergini sue compagne" (cfr. Sal 45 [44], 10-17). Ebbene, in questo contesto religioso, Maria di Nazareth, ispirata da Dio, decise di rimanere vergine. Per quale motivo? Anzitutto perché era convinta che questa fosse la Volontà di Dio su di lei: consacrarsi totalmente a Dio amato al di sopra di tutti. Ma vi era anche un secondo motivo. Rimanendo vergine, ella - che si definiva la "serva del Signore" (Lc 1, 37) - poteva servire  quella grande madre che avrebbe dato alla luce il Messia; la madre del Messia avrebbe svolto un compito tanto importante che tutte le generazioni l'avrebbero chiamata "beata" (Lc 1, 48). Di questo suo proposito di mettersi a servizio di questa misteriosa madre e poi del Messia, Maria ne parlò con Elisabetta; per questo motivo, dopo l'annunciazione, Maria si recherà "in fretta" dalla sua cugina (cfr Lc 1, 39) per condividere con lei la lieta notizia della venuta del Messia.
2. Giuseppe di Nazareth, al quale essa fu destinata come "promessa sposa" (Lc 1, 27), aspettava, come tutti gli Israeliti, l'apparizione del Messia. Maria lo portò - lui che era un "uomo giusto" (Mt 1, 19) - ad accettare di vivere il loro matrimonio nella virginità; così insieme avrebbero aspettato la prossima venuta del Messia ed insieme lo avrebbero servito. Nell'assecondare questo progetto di Maria, Giuseppe fu ispirato da Dio.
3. Scegliendo la verginità, Maria di Nazareth si era auto esclusa dalla possibilità di diventare la madre del Messia. Ebbene, all'annunciazione, l'arcangelo Gabriele rivela a Maria che quella misteriosa e grande madre del Messia sarà proprio Lei. Nella prima parte del suo annuncio, l'arcangelo dice che il Messia sarà una grande figura umana, una specie di super re discendente da Davide: "Sarà grande … Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre …" (Lc 1, 32-33). Maria accetta questa maternità perché è ubbidientissima alla Volontà di Dio. Tuttavia chiede di essere illuminata riguardo al "come"; dice: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?" (Lc 1, 34). Maria sapeva come i figli venivano concepiti. La difficoltà da Lei esposta non si riferisce alla sua attuale condizione di vergine come se questo stato fosse solo temporaneo; in quel caso Ella avrebbe risposto che non c'erano difficoltà per lei perché quando ella e Giuseppe si sarebbero sposati avrebbero concepito il Messia. Invece Maria non intendeva questo; l'unico e vero modo per comprendere la difficoltà esposta da Maria è di riferirla al dopo quando ella sarà sposata; infatti, anche dopo, ella e Giuseppe continueranno a vivere nella verginità.
4. L'arcangelo Gabriele risponde a questa sua difficoltà, spiegando che il concepimento del Messia avverrà in virtù di un intervento di Dio che scavalcherà le leggi della natura: ella concepirà non da un uomo, Giuseppe, ma "per opera dello Spirito Santo" (Lc 1, 35). Perché questo concepimento al di fuori delle leggi della natura umana? Il motivo non è una valutazione negativa della sessualità; questa è stata creata da Dio stesso (cfr Gen 1, 27-28)! Il motivo è il seguente: il concepimento verginale di Gesù Cristo nel grembo materno di Maria è il primo segno che attesta la Divinità di Gesù. Suo Padre non sarà un uomo, ma Dio stesso! Infatti l'arcangelo dice a Maria: "Perciò colui che nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1, 15). Così, l'arcangelo rivela a Maria la vera identità di suo Figlio: non sarà semplicemente un grande uomo, un super re, ma sarà lo stesso Figlio di Dio, uguale in tutto a Dio suo Padre! Ecco: Gesù Cristo aveva bisogno dell'involucro della verginità perpetua di sua Madre Maria perché era il primo segno per manifestare la sua Divinità (CCC, n. 503).
5. La verginità perpetua di Maria ed il concepimento verginale di Gesù Cristo "per opera dello Spirito Santo" non sono due pie favole inventate dalla Chiesa la quale avrebbe paura della sessualità umana, no. Queste sono due verità storiche e sono stati proclamate dalla Chiesa sin dai suoi inizi (cfr CCC, n. 496). Negare oggi queste due verità equivale a far crollare tutto il cristianesimo, giacché Gesù Cristo non sarebbe più il Figlio di Dio, ma un uomo qualunque. Dinanzi ai presepi allestiti nelle nostre chiese e nelle nostre case, rinnoviamo la nostra adesione a queste due verità fondamentali del cristianesimo e facciamolo con una fede da adulti convinti e maturi.


4° Domenica di Avvento - Anno B


MEDIANTE MARIA INCENTRARCI SU GESU CRISTO

Siamo arrivati al termine di un altro anno. Se la gratitudine verso Dio deve caratterizzare tutta la nostra vita cristiana, a maggior ragione gliela dobbiamo manifestare questa sera. Ciascuno di noi sa in cuor suo quanti motivi ha per ringraziare Dio. Perciò, dopo la Comunione, canteremo insieme il solenne "Te Deum" in italiano.
Nel primo giorno dell'anno nuovo, la Chiesa ci invita a festeggiare Maria SS.ma , Madre di Dio. Questa festa mariana segue logicamente la celebrazione della nascita di Gesù Cristo, suo Divino Figlio. Ma l'odierna festa ha anche un altro significato: è Maria SS.ma che ogni anno ci introduce nel futuro che sta dinanzi a noi. Infatti Ella è la guida la più sicura dataci da Dio per affrontare le incognite del futuro.
1. Durante la S. Messa di Natale abbiamo visto che è urgente per noi rimettere Gesù Cristo al centro della nostra vita; facendo così, recuperiamo i veri valori morali grazie ai quali siamo in grado di affrontare in modo corretto l'odierna crisi. Questa crisi è profonda e complessa perché destabilizza aspetti fondamentali della nostra vita, dal matrimonio fino al lavoro. Per affrontarla, abbiamo bisogno di forti valori morali e questi li troviamo in Gesù Cristo.
2. Mettere Gesù Cristo al centro della nostra vita può sembrare una impresa facile: basta partecipare alla Messa la domenica e cercare di non commettere grossi peccati. In realtà è un impegno che va ben al di là di queste due esigenze minimali, perché richiede sforzi e costanza. Ed allora chi può aiutarci, noi che siamo così deboli, a mettere davvero il Signore al centro della nostra vita? E' Maria SS.ma e solo Lei. Ella è la via che Gesù Cristo ha preso per venire fino a noi; quindi, se noi vogliamo unirci strettamente a Lui, dobbiamo seguire la stessa via che Egli ha percosso, e questa via è Maria SS.ma, sua Madre. Quindi, il primo passo per mettere Gesù Cristo al centro della nostra vita è quello di mettere Maria SS.ma al centro della nostra vita. Ella ci unisce a suo Divino Figlio in modo in modo sicuro ed anche rapido.
3. Nell'odierno brano evangelico, san Luca scrive che Maria "custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19). Riflettendo su questi avvenimenti che si riferivano alla vita di Gesù ed di lei, ella cercava di discernervi il piano di Dio ed individuare i suoi interventi così da poter collaborare con l'azione di Dio.
4. Questo esempio di Maria SS.ma è importantissimo per noi; imitando questa sua preghiera riflessiva e meditativa sugli avvenimenti della nostra vita, noi riusciremo a vedere qual è la strada giusta da seguire per rimanere cattolici in una società ed in un mondo che stanno cambiando velocemente. Anzitutto rimarremo dei cattolici convinti, fieri e praticanti anche se intorno a noi la pratica religiosa si è abbassato. Troveremo la nostra felicità nel vivere i valori morali insegnatici dal Signore anche se intorno a noi c'è uno stile di vita improntato alla superficialità, al di fuori delle regole morali, e con una desolante infelicità. Non cadremo nella disperazione a motivo delle difficoltà economiche e materiali, ma saremo in grado di individuare l'aiuto che la Divina Provvidenza ci porge e di prendere le iniziative che il Signore ci suggerisce. Saremo in grado di aiutarci a vicenda anche se nella società predomina la mentalità del "ognuno pensi solo a sé". Il vivere così il 2012 farà sì che questi sarà un buon anno.
5. All'inizio di un nuovo anno, è tradizione scegliere un buon proposito da mantenere lungo tutto l'anno. Ecco un suggerimento: recitare ogni giorno almeno una decina del santo Rosario, e quando ne abbiamo il tempo le cinque decade del Rosario intero. Così metteremo Maria SS.ma al centro della nostra vita, Ella ci aiuterà ad incentrare la nostra vita su Gesù Cristo. Un piccolo impegno che porta ad un grande risultato.
La nostra Comunità vi augura, a voi ed alle vostre famiglie, che Maria SS.ma Madre della Carità vi accompagni e protegga lungo tutto l'anno 2012.



Madre di Dio -. anno B


IN TEMPO DI CRISI LA CENTRALITA' DI GESU SALVATORE

"Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, a Betlemme, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore" (Lc 2, 10-11). Questo messaggio proclamato dall'angelo nella notte del S. Natale, noi oggi lo sentiamo con una particolare intensità. Quanto abbiamo bisogno di un Salvatore che ci tiri fuori dalla gravissima situazione in cui ci troviamo.
1. La nostra prima speranza riguarda la soluzione dell'attuale crisi economico materiale. E' la dolorosa realtà che ci colpisce immediatamente, a maggior ragione se il posto di lavoro l'abbiamo perso o è barcollante, oppure se la nostra pensione continua a diminuire rispetto al costo della vita. E qui ci troviamo ad un bivio perché ci sono due modi per affrontare questo dramma: rimanere solo ed esclusivamente a livello umano, e cioè lamentarci, arrabbiarci, inveire contro tutti e tutto; da lì c'è un solo passo per cadere nella disperazione, poi nella depressione e così perdere il nostro equilibrio mentale e la forza per reagire. Oppure, pur rimanendo con i due piedi per terra, alzare lo sguardo della nostra fede verso Gesù Cristo e rimetterLo al centro della nostra vita. Perché Lui, e solo Lui, è il nostro Salvatore.
2. Abbiamo bisogno di Gesù Salvatore non per risolvere in modo miracolistico la crisi economica, ma per andare alla radice delle varie crisi nelle quali ci dibattiamo e sanare quella radice perversa. La crisi economica occupazionale è solo la punto dell'iceberg di una crisi generale che investe tanti aspetti della nostra vita: sono in crisi il matrimonio, l'educazione dei figli, l'amicizia, l'attaccamento allo Nazione, la pratica religiosa, e persino l'ambiente naturale ecc. Perché questi ed altri ambiti della nostra vita sono in crisi? Perché sono crollati i valori etici che erano i nostri punti di riferimento, i nostri guardarail. Sì, queste diverse crisi settoriali affondano le loro radici in un sola ed unica crisi più generalizzata: la crisi morale. Ed allora, sorge la seconda domanda: ma per quale motivo si è così diffusa a macchia d'olio la crisi etica con la cadute dei valori morali? Perché l'uomo ha tolto Dio dal centro della sua vita e lo ha sostituito con il suo "io" la cui avidità è insaziabile. Si è voluto edificare una società senza Dio, anzi contro Dio, per soddisfare tutte le bramosie del nostro egoismo ed orgoglio, e i risultati disastrasi li abbiamo sotto i nostri occhi. Perciò abbiamo bisogno di rimettere Gesù Cristo al centro della nostra vita, Lui che è il nostro Salvatore.
3. Ma qui sorge una terza domanda: se osservo i valori morali del Vangelo nella mia vita privata ed in quella sociale, non corro il rischio di essere schiacciato da coloro che sono più forti di me e che agiscono al di fuori di qualsiasi etica? La risposta ce la dà Gesù Bambino: Egli è il Dio forte ed onnipotente, ma allo stesso tempo è un Bambino fragile; Egli congiunge in sé la divinità e l'umanità. Unire due realtà apparentemente opposte, ecco la soluzione geniale escogitata da Dio per risolvere il problema di come salvarci. Questo esempio di Gesù Bambino ci insegna che per superare qualsiasi crisi, dobbiamo affrontarla da due punti di vista diversi: da una parte, c'è il punto di vista spirituale, appoggiarci con la fede in Dio che accorre sempre in nostro aiuto ed a maggior ragione nelle difficoltà; dall'altra, c'è il punto di vista umano, e cioè affrontare la crisi in modo realistico e pragmatico. Ebbene, chi segue Gesù Cristo ed il suo Vangelo, Dio lo aiuta a congiungere in modo equilibrato questi due punti di vista che sembrano opposti tra loro: vivere i valori morali per cui si è "semplici come le colombe" ed affrontare i problemi con realismo e pragmatismo per cui si è "prudenti come i serpenti" (Mt 10, 16). Questo è il modo per vivere i valori morali senza non farsi schiacciare nella vita. Chi segue fedelmente i valori del Vangelo affronta l'attuale crisi economica congiungendo preghiera e fiducia in Dio da una parte, realismo e pragmatismo dall'altra. Quando il Signore è al centro della nostra vita, allora rinascono in noi i valori spirituali e morali; gli occhi della nostra mente si aprono, vediamo l'aiuto che la Divina Provvidenza ci manda, diventiamo creativi ed intraprendenti nell'assumere delle iniziative concrete per risolvere i problemi che ci sono da affrontare, lavoriamo bene in squadra per aiutarci gli uni gli altri, abbiamo la generosità di rinunciare ad un guadagno immediato e personale per favorire il bene altrui ed il bene comune, ma soprattutto siamo guidati ed aiutati da Dio il quale riesce sempre a tirare il bene dal male.
In questo S. Natale, rimettiamo Gesù Cristo al centro della nostra vita; così ritroveremo i veri valori morali ed affronteremo nel modo giusto l'odierna crisi. Amen.


Natale del Signore - anno B



IN TEMPO DI CRISI, LA STELLA DI DIO

1. Nell'antichità esisteva la ferma convinzione che il movimento degli astri era in relazione con le vicende degli uomini e che l'apparizione di una nuova stella stava ad indicare la nascita di un nuovo re. Dio, che si adatta sempre alla cultura di ogni popolo, si è servito di questa opinione per accattivarsi l'attenzione dei Magi. Erano dei sapienti che abitavano nella antica Persia, l'attuale Iran, e che si dedicavano alla osservazione degli astri. La stella che apparve loro era un fenomeno reale, non era il frutto della loro immaginazione, perché essi la vedevano; ma il suo movimento e soprattutto l'alternanza tra il suo essere visibile e poi scomparire era inesplicabile dal punto di vista delle leggi astronomiche (cfr. Mt 2, 2.10); quindi era un fenomeno naturale, ma di origine soprannaturale, ossia un miracolo operato da Dio proprio per guidare i Magi nel loro cammino fino a Betlemme; lo stesso avvenne nell'Antico Testamento allorché Dio creò una colonna di fuoco che guidò gli Ebrei per quaranta anni durante i loro spostamenti nel deserto.
2. A spingere i Magi ad intraprendere questo lungo viaggio fu non solo questa misteriosa stella, ma anche un altro elemento: la grazia di Dio. Egli li mosse interiormente con la sua grazia affinché andassero ad adorare il suo Divino Figlio; infatti Gesù Cristo dirà più tardi: "Nessuno può venire a me se non gli è dato dal Padre" (Gv 6, 65).
3. Quale lezione di vita possiamo trarre da questi fatti? Nel buio dell'attuale crisi che destabilizza tanti ambiti della nostra vita, dagli affetti familiari fino al lavoro, Dio pone sul cammino di ciascuno di noi una piccola stella per guidarci in mezzo a queste tenebre. Con questa lucernetta Egli ci indica l'inizio di una soluzione per risolvere i nostri problemi; è un po' come un file d'Ariane tesoci da Dio. Infatti, prima di risalire al cielo, Gesù Cristo ci ha assicurato: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Il Signore è accanto a noi ogni giorno e soprattutto nei tempi bui di prova. Ora Egli viene in nostro aiuto non in modo spettacolare, ma in modo molto umile, nascosto e quasi impercettibile come quella misteriosa stella che era vista dai Magi, ma non dalla popolazione di Gerusalemme (cfr Mt 2, 2.9-10).
4. E qui sorge una prima domanda: ma come si fa ad individuare questa lucernetta così tenue allorché siamo abbagliati dalle tante luci della nostra civiltà dell'immagine? La percepiamo quando gli occhi della nostra fede sono molto sensibili, e ciò avviene quando viviamo una vera vita cristiana; il vivere una autentica e coerente vita cristiana acutizza lo sguardo della nostra fede. Ed ecco una seconda domanda: ma come si fa ad essere certi che questa lucernetta è davvero quella mandataci da Dio e non è un inganno degli uomini o una forma di auto illusione? Per fare questo discernimento, bisogna pregare dinanzi al Signore presente nel Tabernacolo delle nostre chiese ed avere l'umiltà ed il buon senso di chiedere il parere di una persona competente, giacché nessuno è buon giudice di se stesso.
5. I Magi percorsero tra 1,500 km e 2,000 km. Riuscirono a superare difficoltà, ostacoli e pericoli di ogni genere durante il loro lunghissimo viaggio; il loro successo fu dovuto a due motivi. Esteriormente, seguivano fedelmente la strada indicata da quella piccola stella; interiormente, rinnovavano, di tappa in tappa, il loro "sì" alla grazia di Dio che li spingeva nel loro intimo. Grazie alla loro perseveranza, raggiunsero Betlemme e potettero adorare Gesù Bambino; e lì, grazie al dono della fede, essi scoprirono che il Bambino non era un semplice re umano, ma il Figlio di Dio fattosi Uomo, il Re del cielo e della terra. Anche noi, se ci lasciamo guidare da Dio e siamo perseveranti, troveremo il modo di superare le nostre difficoltà dovute alla crisi, e sarà una soluzione che ci lascerà stupefatti nel vedere come Dio riesce a tirare il bene dal male. L'importante è di avere fede in Dio ed essere docili e perseveranti come i Magi.


Epifania del Signore - anno B


INCONTRARE GESÙ CRISTO


Dopo aver trascorso le feste natalizie, oggi con la seconda domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico della Chiesa entriamo nelle domeniche normali. E' con la partecipazione alla S. Messa, ossia unendoci al Signore, che iniziamo questo nuovo anno. Il nostro incontro col Signore nella S. Messa riproduce molti tratti dell'incontro dei primi Apostoli con Gesù Cristo, come abbiamo ascoltato nell'odierno brano evangelico.
1. "Ecco l'agnello di Dio", disse S. Giovanni Battista ai primi discepoli indicando loro Gesù. Allo stesso modo, la S. Messa ci ricorda da duemila anni che Gesù Cristo è il nostro Salvatore, perché ha preso su di sé tutti i nostri peccati e li ha espiati col suo amore. Infatti durante la S. Messa, e cioè nel "Gloria" e prima della S. Comunione, noi riconosciamo due volte che Gesù Cristo è "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo".
2. "Che cosa cercate?", chiese Gesù Cristo ai due primi discepoli che Lo seguivano. Come loro, anche tutti gli uomini sono alla ricerca di un qualcosa che dia un senso profondo alla loro esistenza e la riempia in pienezza. Ebbene, noi cattolici, sappiamo con certezza che questa pienezza di vita si trova in Gesù Cristo che noi incontriamo realmente durante la S. Messa.
3. "Venite e vedrete", disse Gesù Cristo ai primi discepoli che rimasero con Lui. Anche voi avete risposto a questo invito del Signore e siete venuti a partecipare alla S. Messa. Cosa vedete, cosa sperimentate durante la S. Messa? Qui come i primi discepoli voi siete in compagnia del Signore; Egli è presente in modo reale sebbene invisibile. Lo ascoltiamo mentre ci parla nella Sacra Scrittura, specie nel Vangelo; siamo saziati dal Signore che ci dà in cibo il Sacramento della Eucaristia. La più grande aspirazione del cuore umano è quella di trovare la pienezza dell'amore; ebbene, questa la troviamo non in qualcosa, ma in Qualcuno, in una Persona Divina, Gesù Cristo.
4. L'Apostolo Andrea esclamò: "Abbiamo trovato il Messia" e condusse suo fratello Simone da Gesù. Alla S. Messa Gesù Cristo riempie d'amore il nostro cuore così che possiamo portare a Lui anche gli altri. Infatti, noi diffondiamo l'amore di Gesù Cristo mediante il nostro buon esempio, il bene che facciamo agli altri, e dicendo le parole giuste al momento opportuno.
5. "Tu sei Simone"; Gesù Cristo lo chiamò per nome appena lo vide. Anche nella prima lettura Dio chiamò per nome ben tre volte il giovane Samuele. L'amore di Dio per noi è sempre personalissimo, anche sa ha una ampiezza universale. L'amore di Gesù Cristo non è mai anonimo né generico, ma sempre personale: ci tocca e ci coinvolge individualmente. Questa è l'esperienza che sentiamo quando viviamo col cuore la S. Messa.
6. Gesù Cristo disse a Simone: "Sarai chiamato Cefa, che significa Pietro". Il cambiamento di nome di Simone stava ad indicare che il suo incontro con il Signore lo avrebbe trasformato. Anche noi usciamo dalla S. Messa confortati, rasserenati, cambiati in meglio, rafforzati per affrontare gli impegni che ci aspettano durante la settimana. Ecco perché la S. Messa è il "pilastro" che da duemila anni sostiene sia la Chiesa nella sua interezza, sia la vita di ciascuno di noi.
Per affrontare nel modo giusto i gravi disorientamenti provocati dalla crisi economica mondiale, abbiamo bisogno di chiarezza mentale e di fortezza d'animo; queste due doti le attingiamo dalla S. Messa domenicale quando vi partecipiamo con convinzione e regolarmente. "Venite e vedrete"!

Ponte Galeria, 15.01.2012
2° domenica t.o. anno B


LA CONVERSIONE

"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1, 14). In questo energico richiamo, Gesù Cristo collega insieme il tempo e la conversione: per convertirci, dobbiamo avere una giusta valutazione del tempo.
1. Ciascuno di noi è costituito da un corpo materiale e da una anima spirituale. L'esperienza ci fa constatare che tutto ciò che è materiale si logoro, si deteriora col passare del tempo; perciò il nostro corpo invecchia, si indebolisce ed un giorno morirà. Invece tutto ciò che è spirituale non si logora perché è al di sopra del disfacimento materiale; perciò la nostra anima spirituale è di per sé immortale: ciascuno di noi, dopo la morte del nostro corpo, sopravvivrà con la sua anima e questo per sempre, senza fine. Grazie alla nostra anima, ciascuno di noi è fatto per l'eternità.
2. Noi iniziamo a convertirci quando confrontiamo da una parte la durata effimera della nostra vita fisica su questa terra, che passa in un attimo, e dall'altra parte la durata senza fine dell'eternità, che ci aspetta nell'aldilà. Questo confronto ci fa vedere che dobbiamo rovesciare la nostra gerarchia dei valori e dare molta più importanza alle realtà spirituali che alle cose materiali. Così inizia la nostra conversione.
3. Il convertirci implica che aderiamo a ciò che è più importante per noi e che ci distacchiamo da ciò che è secondario. Perciò la conversione alla quale ci richiama Gesù Cristo nell'odierno brano evangelico implica che Lo incontriamo personalmente e che aderiamo a Lui giacché solo in Lui troviamo la nostra felicità, quella vera, profonda e duratura. Perciò il Signore dice a ciascuno di noi come agli Apostoli nell'odierno brano evangelico: "Seguitemi" (Mc 1, 17). Ciascuno di noi si realizza solo ed unicamente nell'amore, e cioè nell'essere amato e nel ricambiare l'amore. Ebbene, non c'è nessuno che ci ami tanto come Gesù Cristo.
4. Quando aderiamo a Gesù Cristo, allora ci distacchiamo dallo stile di vita materialista in cui viviamo. Diceva l'Apostolo S. Paolo nella seconda lettura: "il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi … quelli che usano i beni del mondo (vivano) come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo" (I Cor 7, 29-31). Ecco: noi aderiamo totalmente a Gesù Cristo perché Egli è il nostro Dio e l'unica fonte della nostra felicità in pienezza; solo Lui è l'Assoluto. Di fronte a Lui, tutto il resto diventa relativo, secondario; ne usiamo ma senza attaccarvi il cuore. Invece, quando ci allontaniamo dal Signore, allora le cose relative e passeggere di questo mondo diventano per noi un assoluto, degli idoli e ci attacchiamo a queste. L'essere umano ha sete d'infinito e questa sua sete non può essere estinta dai beni limitati di questo mondo (cfr P 1972.04.23; 00010F*290).
Quindi, prendiamo coscienza della brevità della nostra vita terrena e che siamo diretti verso l'eternità. Convertiamoci, e cioè aderiamo a Gesù Cristo ed al suo amore e distacchiamoci dal materialismo. Le cose materiali di questo mondo sono di un momento; l'amore di Gesù Cristo è eterno.


3° domenica t.o. anno B

Tu sei mio Figlio

1. "Tu sei il Figlio mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento" (Mc 1, 11). Ecco quanto disse Dio Padre riguardo a Gesù Cristo allorché questi ricevette da Giovanni il battesimo nelle acque del Giordano. Queste parole divine ci rivelano che nel mistero di Dio c'è la Famiglia Trinitaria! Dio è Amore e l'amore è di per sé diffusivo e fecondo. Perciò Dio Padre da tutta l'eternità ha generato un'altra persona, il Figlio, che è tanto Dio quanto lo è il Padre.
2. "In te ho posto il mio compiacimento". I genitori godono dei loro figli quando ritrovano in questi il meglio di se stessi. Parimenti, si può dire che Dio Padre trova la sua gioia, la sua compiacenza nel Figlio, perché ritrova in Lui tutto l'amore che ha dato al Figlio.
Ora in che modo Gesù corrisponde all'amore di Dio suo Padre? Con la sua obbedienza filiale, e questa si è manifestata pienamente al momento del suo battesimo! Gesù si è fatto battezzare da S. Giovanni Battista non perché Egli avesse dei peccati dai quali purificarsi, giacché Egli è Dio! Gesù considerò le acque del Giordano come un sepolcro. Il gesto di Gesù di immergersi nell'acqua del Giordano e di scomparire del tutto dalla vista altrui stava a significare che Egli accettava di morire e di scomparire nel buio del sepolcro pur di portare a compimento la missione affidatagli da Dio Padre di salvare l'umanità. Quindi con il suo gesto di immergersi nelle acque del Giordano, Gesù voleva dire a Dio Padre che Egli accettava in anticipo tutte le conseguenze della sua missione la quale sarebbe culminata nella sua morte.
Qual fu la risposta di Dio Padre? Anzitutto fece sentire la sua voce per dire che si compiaceva tanto di Gesù Cristo perché era il suo Figlio obbedientissimo. Inoltre, Dio Padre mandò, sotto la forma visibile di colomba, lo Spirito Santo, che è il principio della nuova creazione, per attestare che Egli avrebbe risuscitato il suo Figlio dal sepolcro quale premio per la sua obbedienza. Ecco uno dei significati dell'episodio del Battesimo di Gesù: Egli s'impegna ad essere obbediente e fedele a Dio suo Padre anche a costo di sacrificare la propria vita; Dio Padre gli contraccambia il suo amore promettendo di risuscitarlo dalla morte.
3. Grazie al sacramento del battesimo, ognuno di noi è diventato figlio adottivo di Dio Padre! E che cosa ci aspettiamo maggiormente da Dio nostro Padre? Che Egli ci dica quelle stesse parole: "Tu sei il mio figlio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento"! Queste parole dette da Dio Padre mi confermerebbero che la mia vita è stata tutta conforme alla sua Divina Volontà. Da giovani ci siamo impegnati a mettere in pratica l'educazione e la formazione ricevuta dai nostri genitori così da renderli fieri e contenti di noi; parimenti, impegniamoci ora a mettere in pratica gli insegnamenti di Dio nostro Padre raccolti nel Vangelo e trasmessi a noi dalla Chiesa; così renderemo contento Dio nostro Padre.
4. Voi qui presenti siete in maggioranza genitori ed il vostro più grande desiderio è di vedere che i vostri figli corrispondano ai valori morali e cristiani che avete loro trasmesso. Ebbene Dio, nostro Padre celeste, ha lo stesso atteggiamento verso di noi. Egli è il nostro Padre celeste e non merita essere deluso da noi. Nella ben nota parabola del figlio prodigo, questi, dopo essersi allontanato dal padre e dall'educazione morale ricevuta in casa, si pentì allorché sperimentò la carestia. Ebbene, l'attuale crisi economica è una grande occasione per riavvicinarci a Dio nostro Padre celeste e per tornare a vivere secondo i valori morali che Egli ci ha insegnato. Così Lo renderemo felice ed Egli ci dirà nel profondo del nostro cuore: "Tu sei il Figlio mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento"!


Battesimo di Gesù Cristo - anno B


Il Diavolo: UN ESSERE PERVERTITO E PERVERTITORE

1. Al momento del nostro battesimo, i nostri genitori e i nostri padrini hanno manifestato a nome nostro l'impegno a rinunziare a Satana, a tutte le sue opere ed a tutte le sue seduzioni. E così la nostra vita cristiana - vita di figli adottivi di Dio Padre e di fratelli di Gesù Cristo - è iniziata con questa rinunzia alle forze del Male. Ed ancora oggi siamo impegnati in questo combattimento spirituale, e cioè per aderire al bene, dobbiamo rinunciare al male. In questa lotta, chiediamo l'aiuto di Dio; nella preghiera del "Padre nostro" Gli diciamo: "e non ci lasciare soccombere alla tentazione, ma liberaci dal Male".
2. La nostra vita cristiana è iniziata con questo combattimento spirituale perché, tra l'altro, la vita pubblica di Gesù stesso è iniziata proprio con il suo scontro con il diavolo. La figura del diavolo è presente in tutta la Bibbia dalla prima pagina, allorché egli tenta Adamo ed Eva (cfr Gn 3, 1), fino all'ultima pagina della Bibbia dove il libro dell'Apocalisse descrive il grande combattimento finale tra Dio e Satana (cfr Apoc 12, 3). Il diavolo è una realtà, una persona vera, non è una favola inventata dalla Chiesa per intimorirci. La Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa ci insegnano che il diavolo è uno angelo che è stato creato buono da Dio, ma poi egli, a motivo del suo orgoglio, si è ribellato contro Dio e così si è trasformato da sé in un essere radicalmente malvagio (cfr CCC 391). Il nome di "diavolo" significa l'avversario, colui che ostacola l'azione di Dio nel mondo (cfr CCC 2851), Gli mette sempre degli inciampi.
3. Il Papa Paolo VI definì il diavolo come "un essere pervertito e pervertitore". Questa definizione mette in evidenza il suo modo di agire; tutto ciò che Dio e gli uomini fanno di buono, di normale, di ordinato e di santo, il diavolo si adopera per stravolgerlo e cambiarlo in male, in anormale, in disordine ed in peccato. Prendiamo come esempio l'odierno episodio evangelico avvenuto nella sinagoga di Cafarnao. Gesù Cristo, all'inizio della sua vita pubblica, nascose prudentemente agli Ebrei il fatto che Egli era il Messia. Per quale motivo? Perché i Giudei aspettavano un Messia nazionalista e guerriero che li avrebbero liberati dal dominio straniero;  se Gesù si fosse presentato come il Messia, essi avrebbero interpretato in modo completamente distorto la sua figura; in tal caso subito l'autorità politica lo avrebbe fatto arrestare, l'avrebbe processato e condannato alla pena capitale, come di fatto avvenne dopo il suo ingresso trionfale da Messia a Gerusalemme nella domenica delle palme (cfr Mt 21, 1 ss). Quindi Gesù Cristo aveva bisogno di tempo per predicare il Vangelo, per scegliere e formare i suoi Apostoli, per istituire i sacramenti e per fondare la sua Chiesa. Per disporre di questo margine sufficiente di tempo, Gesù Cristo non rivelò subito la sua identità. Invece il diavolo procurò di contrastare questa prudenza di Gesù e, tramite l'indemoniato, gridò a squarciagola che Gesù era il "Santo di Dio" (Mc 1, 14), ossia il Messia atteso, così da indurre i Giudei a proclamarlo subito Re e capo guerriero d'Israele e di conseguenza farlo arrestare dalle autorità ed impedirgli di portare a termine la sua missione di salvezza universale. Vedete come il diavolo ostacolò il piano di Gesù Cristo il quale perciò gli impose di tacere, anzi lo cacciò via da quel povero uomo che ne era posseduto.
4. Cosa il diavolo vuole da noi? Vuole impadronirsi di un po' della nostra volontà, e cioè che acconsentiamo in modo deliberato al peccato. Poi ci pensa lui a prendere tutto il testo della nostra volontà. Ecco perché il terreno di battaglia su cui ci scontriamo col diavolo è la nostra volontà, come si vede nelle tentazioni patite da Gesù Cristo nel deserto (cfr Mt 4, 1-10)) e durante la sua agonia nel Getsemani (cfr Mt 26, 36 ss). Per sostenerci in questo combattimento spirituale, il Signore ci ha dato il grande aiuto del sacramento della confessione che, oltre a purificare la nostra coscienza, ci fa recuperare la nostra buona volontà, la cura e la fortifica. Inoltre, la santa Comunione accresce le nostre forze spirituali così che diciamo sempre un filiale "sì" a Dio ed un deciso "no" al diavolo.
La Madre della Carità, che schiaccia la testa del Maligno, ci protegga e ci aiuti a vincerlo sempre.

4° domenica t.o. anno B

Aborto


Il Santo Padre ci ha dato come consegna per questa quaresima le seguenti parole del Vangelo: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Esse ci fanno pensare al primo dono gratuito, la vita, e quindi ci suggeriscono quale impegno per la quaresima la stima, anzi la difesa della vita.
Ciascuno e ciascuna di voi potete venire a contatto con la problematica dell'interruzione volontaria della gravidanza sia direttamente giacché è coinvolto un vostro o una vostra conoscente, parente, amico o collega di lavoro, sia indirettamente allorché questo tema viene dibattuto in conversazioni e discussioni. Chi è coinvolto personalmente in questo problema quasi mai si rivolge a noi, sacerdoti, perché sa quale sarà la nostra risposta. Invece voi laici potete fare tantissimo per aiutare le persone a fare una valutazione profonda che superi il modo erroneo, superficiale e sbrigativo di pensare della odierna società. Perciò vi proponiamo i principali spunti di riflessione che potete adoperare al riguardo.
1. Una gravidanza non prevista provoca quasi sempre all'inizio un trauma; infatti questa sconvolge i programmi, i progetti, i ritmi della vita quotidiana e soprattutto incide sull'egoismo. Scegliere l'aborto equivale ad innestare un meccanismo d'egoismo e sappiamo a quali conseguenze esso porta; scegliere la vita è rafforzare la logica dell'amore vissuto come dono ed esso ci rende più umani e felici.
2. Ciò che complica tutto è il dover prendere una decisione in fretta: se portare avanti la gravidanza o interromperla. Ciò che aiuta è il fare una giusta valutazione delle conseguenze. Una volta che si è detto "sì" alla vita, una profonda serenità pervade la o le persone coinvolte e tutte le difficoltà, che sembravano insormontabili, si appianano quasi da sole.
3. Nel vostro dialogo con gli altri al riguardo, quello che si deve evidenziare è che la gravidanza è sempre un fatto positivo, voluto da Dio per il bene della madre e di chi le sta attorno. Infatti, Dio è sempre presente in ogni concepimento, perché è Lui che crea l'anima spirituale ed immortale di ogni nuovo essere umano e l'infonde nell'ovulo fecondato. E siccome Dio è presente, perciò questa nuova vita umana è un bene. Non importa se il concepimento sia avvenuto nell'ambito di rapporti prematrimoniali, tra ragazzini, in un adulterio, in una violenza carnale, in stato di ubriachezza o sotto l'effetto degli stupefacenti: Dio crea sempre l'anima umana.
4. Il portare avanti la gravidanza ha sempre delle conseguenze positive a livello umano. E' un bene per molte ragazze o donne madri che hanno trovato il loro equilibrio affettivo e psicologico grazie alla maternità vissuta al di fuori della istituzione del matrimonio e perciò è d'importanza relativa se la figura del padre svanisce in parte o del tutto. È un bene per molti matrimoni in crisi che così si sono salvati. È un bene per molti figli o figlie che erano soli in famiglia e che sono stati contenti d'aver un fratellino o una sorellina ed anche se all'inizio c'è stato qualche problema, tuttavia essi sono stati spronati a pensare e ad amare il nuovo arrivato. È un bene anche per molte ragazzine e ragazze che hanno sviluppato il loro istinto materno stando vicine alla madre o alla sorella in stato interessante. Infine è sempre un bene per i nonni perché riempie la loro esistenza.
5. Invece studi scientifici ed analisi statistiche evidenziano che le conseguenze dell'aborto sono sempre negative e drammatiche. Esso perturba la coscienza, lascia una profonda intranquillità nell'animo che perdura fino alla morte, anche in chi non è credente. Intacca l'equilibrio psicologico che diventa fragile e vulnerabile, ed anche a distanza d'anni può scoppiare all'improvviso un profondo trauma. Accresce le probabilità di tumore al seno o all'apparato riproduttivo. Inoltre l'esperienza insegna che avviene una rottura o un peggioramento del rapporto affettivo col marito o col convivente. Infine se si tratta di una coppia di fidanzati, esso è il colpo mortale alla loro storia d'amore: poco dopo l'interruzione volontaria della gravidanza, essi si lasciano. E' solo a questo punto purtroppo, ossia quando le persone sono travolte da queste varie conseguenze drammatiche, che ricorrono all'aiuto di noi, sacerdoti, per cercare il perdono di Dio ed il conforto della fede.
Per portare ciascuno il proprio contributo al consolidamento della cultura della vita ed al debellamento della mentalità della morte che risolve i problemi facendo scomparire chi dà fastidio, dobbiamo noi per primi valorizzare il dono della vita. P. Stanislao diceva: "Ogni giorno ringrazio il Buon Dio ... per la vita" (P 1986.10.15; 00018F*757). Che questo amore per la vita sia il nostro impegno in questa quaresima.

Confessione

Signore, è bello per noi stare qui!"
Questa esclamazione dell'Apostolo San Pietro alla vista di Gesù sfolgorante e risplendente di luce sul monte Tabor nel giorno della trasfigurazione costituisce un invito a riflettere e a riscoprire la bellezza del sacramento della Riconciliazione. Infatti, per mezzo di questo sacramento, si produce in noi una vera e propria trasfigurazione quando deponiamo nelle mani di Gesù, attraverso il sincero dialogo sacramentale, tutti i pesi e le catene di cui ci siamo caricati nel penoso cammino della vita quotidiana.
Questi pesi, queste catene sono il più delle volte le nostre insofferenze nei riguardi delle persone che ci circondano; sono i cedimenti ai richiami delle passioni che una volta soddisfatte lasciano nel nostro cuore un grande senso di amarezza senon addirittura di disgusto; sono quelle trasgressioni ai dettami della propria coscienza con la scusa che ormai tutti pensano o agiscono in un determinato modo. Sono anche le nostre incertezze, le nostre paure, le nostre debolezze, le nostre ribellioni.
Si, non esistono uomini completamente autosufficienti, cioè che possono e vogliono fare a meno di confrontare le proprie idee o dubbi o problemi con altre persone. L'indole socievole  e fragile dell'essere umano lo spinge naturalmente a confrontarsi con un altro ed ecco le confidenze agli amici, ai compagni di lavoro, alle persone di fiducia, ai psicologi.
Un confidente è certamente un aiuto valido nella vita di una persona, ma non lo sarà mai quanto un confessore che è più che un amico perché egli fa le veci di Dio, ricco di misericordia, che conosce perfettamente le sue creature e vuole guarire i suoi figli da tutti i loro mali.
Quindi avere un confessore è avere un amico sincero, è avere Dio come amico, è avere un consigliere di cui possiamo fidarci, è avere una persona ben preparata ed aperta che può rispondere a tutti i nostri dubbi, anche i più intimi.
Il sacerdote nel sacramento della Riconciliazione non deve essere visto come un giudice ma piuttosto come un medico, come il padre del figlio prodigo e cioè colui che accoglie ed ama sinceramente e di più il penitente. Egli non si sorprende mai di quello che gli si dice ne si scandalizza. Egli cerca di sanare le ferite dell'anima del penitente mentre il buon Dio, attraverso l'assoluzione sacramentale, da il suo perdono, la sua grazia e la forza per affrontare e superare tutte le difficoltà che possiamo incontrare. Ecco perché ci si sente più liberi, più distesi dopo una buona confessione.
Diceva P. Stanislao: "I mezzi umani come la psicologia non possono guarire l'anima umana. L'anima appartiene a Dio. Per questo esiste il sacerdote il quale con i mezzi soprannaturali e la grazia guarisce le anime" (00018F*879). In tutte le altre religioni come i protestanti che non hanno il sacramento della Riconciliazione si confessano direttamente a Dio ma rimangono sempre insoddisfatti, intranquilli, insecuri.
Ritrovare la pace interiore nel sacramento della Riconciliazione è davvero, per chi lo sperimenta, una trasfigurazione che fa esclamare come San Pietro oggi: E' bello stare con Gesù.

Sessualità


Il Vangelo non specifica perché la Samaritana ha avuto un bel po' di mariti. Ma c'è stato di sicuro un problema di rapporto con gli uomini e quindi forse anche un problema sessuale.
Oggi si dice che il sesso è una cosa personale e che ognuno lo deve vivere come gli pare e piace. Con questo pretesto si sono girate le spalle alla Chiesa ed ai suoi insegnamenti come se fossero sbagliati. Ma ci troviamo anche davanti ad un ecatombe di matrimoni senza precedenti.
E' Dio che ha creato l'uomo e non l'uomo che ha creato se stesso. Quindi Dio sa il fatto suo anche in materia di sessualità. Purtroppo, come per l'aborto, ci si rivolge al sacerdote quando oramai i guai sono grossi. Per questo voi potete trasmettere ai vostri parenti, amici e compagni di lavoro gli insegnamenti che cerchiamo di darvi.
Abbiamo violentato la natura con diboscamenti, contaminazione delle acque, inquinamento atmosferico, costruiamo ai piedi dei vulcani o vicino ai margini dei fiumi e torrenti e ne paghiamo le conseguenze. Così è per la sessualità: se non la rispettiamo ci sono delle conseguenze, non c'è via di scampo. Ecco perché bisogna vivere la sessualità in modo ecologico. Diceva P. Stanislao: "La vita sessuale è molto importante nell'essere umano..." (1986.09.16) "..ma è anche molto fragile.." (1975.09.14)
Vi è un detto che calza molto bene con i tre modi di vivere la sessualità cioè: la natura non perdona mai, l'uomo perdona qualche volta, Dio perdona sempre.
1° La natura non perdona mai, e cioè la sessualità vissuta come ricerca erotica:
Cercare il proprio piacere utilizzando l'altro come mezzo ed oggetto è percorrere una strada a senso unico, in ripida discesa dove il piacere diminuisce sempre, e per tentare di farlo sopravvivere è necessario alimentarlo con dei mezzi innaturali: quindi si arriva presto a rapporti fatti in modo anormale, allo scambio di coppia, al bisessualismo, all'omosessualità, al sadomasochismo, alla pedofilia, tutte degenerazioni che facciamo finta di non vedere se non al telegiornale o finché ci colpiscono da vicino se non direttamente. Invece sono solo e semplicemente conseguenza di avere imboccato la via del erotismo. Ecco perché è vero che la natura non perdona mai.
2° L'uomo perdona qualche volta, e cioè la sessualità vissuta istintivamente:
E' il modo più comune di viverla oggi ma non per questo ottimale. Per istinto si tende a conquistare, ad accoppiarsi, a soddisfare la curiosità, a ricevere affetto, a sentirsi desiderato. Per istinto sii tende a seguire le spinte del metabolismo dimenticando che le mestruazioni e le polluzioni notturne ne sono lo sfogo naturale. L'istinto sessuale è anche surreccitato e si va su di giri sessualmente per i tanti discorsi, richiami della pubblicità, dei film e delle fotografie o da atteggiamenti provocatori.
Ora se nella copia queste spinte istintive coincidono per cui va bene a l'uno e all'altro allo stesso tempo, va tutto abbastanza liscio. Ma tante volte non è così. E cioè quando ormai è passato l'entusiasmo e l'euforia della novità, quando il rapporto di coppia è per così dire stagionato ed i vari problemi della vita incalzano e distolgono il pensiero e l'attenzione dalla vita intima, a questo punto possono sorgere grossi traumi se uno insiste o pretende di soddisfare il suo istinto o le sue passioni e l'altro si chiude.
Qui siamo ben lontani dall'amore sincero ed autentico; anzi non è più amore. Non è vero che esiste un bisogno, una necessità fisiologica come taluni dicono; è semplicemente difficoltà di autocontrollo. Non è vero che c'è tanta stanchezza e continui mal di testa come dicono altri; ci sono problemi sotto che vanno affrontati.
Ed ecco che si verifica la seconda parte del detto, cioè l'uomo perdona qualche volta. Il coniuge ferito nella sua intimità dalle pretese, dalla mancanza di rispetto e delicatezza dell'altro, non riuscirà a perdonare sempre, si sentirà oggetto, non amato, e ciò che doveva essere così bello e che Dio ha creato per unire la coppia può diventare causa di frustrazione, di litigi, di tradimenti e di separazione.
3° La sessualità vissuta come atto di amore, e cioè Dio perdona sempre:
E' l'unica garanzia di una vita sessuale bella e lunga in una coppia. L'amore, il rispetto, la tenerezza, la complementarità, la complicità, l'oblatività, si esprimono anche attraverso il dono totale e per sempre di se stesso all'altro. E' tutto questo che l'atto di amore deve esprimere. Ci devono essere tutti questi elementi. E' proprio quando ci si da' così che si riceve di più. E di fatto il vero piacere, quello che non si esaurisce, anzi che gratifica di volta in volta, è quello che scaturisce non dall'istinto o dalla passione ma da un dono sempre più gratuito e più totale di se stesso all'altro. Quanto più la coppia riuscirà piano piano a donarsi così, tanto più Dio la gratificherà moralmente, affettivamente, sentimentalmente ed anche sensualmente. Dio non si contraddice: Egli ha creato il piacere e quindi no lo nega a chi usa correttamente dei suoi doni.
Ed eccoci alla terza parte del detto: Dio perdona sempre. Lungo questo cammino d'amore in qui ci si sforza gradualmente di vivere la sessualità sempre più come dono che come sfogo istintivo, ora lui, ora lei possono inciampare, avere dei momenti di egoismo nel pretendere, nel rifiutarsi o nel modo di vivere l'atto di amore. Dio perdonerà sempre ed aiuterà i congiunti, con la grazia sacramentale del Matrimonio, a superare questi momenti di difficoltà e a giungere alla maturità dell'amore.
Dopo il suo incontro con Gesù, la donna Samaritana sarà senz'altro riuscita a vivere una vita affettiva più normale perché avrà messo a frutto gli insegnamenti di Gesù. Noi Lo incontriamo ogni domenica durante la Santa Messa. Cerchiamo di imitare questa donna ed invitiamo i giovani a prepararsi bene ed i grandi a vivere bene l'amore come ce lo ha insegnato il Cristo.
Amen!

Unzione degli infermi

Nel gesto di sputare per terra, farne del fango con la sua saliva e spalmare questo fango sugli occhi del cieco nato, Gesù Cristo ha dimostrato di adattarsi al cieco che aveva bisogno di un qualcosa di tangibile, che lo toccasse fisicamente, per invogliarlo ad avere fede in Lui, a lavarsi e così recuperare la vista. P. Stanislao diceva: "Guardate come Dio si adatta a noi. Egli sa che siamo come l'Apostolo Tommaso: se non vediamo, non crediamo" (P 07.10.1970; VCF, p 50). Come Gesù guarì il cieco nato per mezzo del fango, allo stesso modo Egli continua ancora oggi a guarire sempre le anime e talvolta anche i corpi per mezzo dell'olio del sacramento dell'unzione degli infermi. Chiunque di noi può essere colpito da una malattia importante o essere a contatto con un parente, familiare o amico ammalato; se ciò non è successo fino ad oggi, avverrà senz'altro domani. Perciò è tanto importante che ciascuno di noi capisca bene la grande utilità di questo Sacramento.
1. Anzitutto liberiamoci del vecchio concetto di questo sacramento legato al nome di Estrema Unzione. Mentre il povero infermo lotta contro la malattia, si evita di chiamare il prete per non spaventarlo. Ma quando l'ammalato arriva alla fine, allora si fa venire il prete; il povero infermo capisce che per lui non c'è più speranza: il prete che gli porta l'Estrema Unzione è visto come un becchino o un giudice che pronuncia la sentenza di morte.
Invece il vero concetto di questo sacramento è bellissimo e tutto da scoprire. L'olio, con cui si fa la sacra Unzione, è un elemento naturale adoperato per guarire chi è malfermo in salute; perciò questo sacramento è per i vivi ammalati e non per i moribondi. Gesù, che operava tante guarigioni, comunicò questo suo potere agli Apostoli ordinando loro: "Guarite gli infermi!" (Mt 10, 8). L'Evangelista S. Marco narra: i dodici Apostoli "predicavano che la gente si convertisse ... ungevano di olio molti infermi e li guarivano" (Mc 6, 12-13). L'Apostolo S. Giacomo nella sua Lettera parla esplicitamente di questo sacramento in relazione agli ammalati, non agli agonizzanti, scrivendo: "Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui dopo averlo unto nel nome del Signore; e la preghiera fatta con fede salverà il malato; il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati" (Gc 5, 14-15). Quindi nel sacramento dell'unzione degli infermi è Gesù stesso, il Medico delle anime e dei corpi, che agisce oggi a favore degli ammalati.
2. A quali persone si dà questo sacramento? Anzitutto a tutti coloro che sono affetti da una malattia importante o coloro che devono affrontare un intervento chirurgico serio, e questi due casi valgono anche per i bambini con l'uso di ragione - poi alle persone della terza età, ossia chiunque abbia dai sessantacinque  anni in su anche se non affetto da alcuna malattia grave - infine ci sono le persone colpite da malattie psicologiche o psicosomatiche: per esempio chi sta attraversando un periodo molto difficile e confuso sotto il profilo mentale, una coppia in crisi a causa di un rapporto tra loro che è patologico, le persone affette da una dipendenza o da un vizio quale l'alcool, la droga, il sesso, il gioco d'azzardo; per tutte queste persone sarà di grande aiuto, anzi liberatorio l'entrare in contatto con Gesù Cristo per mezzo del sacramento dell'unzione degli infermi. P. Stanislao, fondandosi sulla propria esperienza pastorale, affermava: "I mezzi umani, come per esempio la medicina o la psicologia, non possono guarire l'anima umana. L'anima è troppo delicata. Essa appartiene a Dio. E' per questo motivo che esiste il sacerdote il quale, con i sacramenti e la grazia, guarisce le anime ... Ci sono delle sedicenti malattie psicologiche che sono in realtà dei veri e propri peccati; quando il sacerdote aiuta il fedele a prenderne coscienza, egli l'aiuta a guarirsene" (P 1987.02.07; 00018F*879).
3. I frutti positivi di questo sacramento riguardano anzitutto l'ammalato: dal punto di vista fisico, c'è quasi sempre un miglioramenti vistoso e non poche volte avviene anche una guarigione sorprendente se ciò giova alla sua salvezza spirituale. Dal punto di vista morale: il sacramento dà all'ammalato una grandissima serenità, un rilassamento interiore, una forza maggiore per affrontare e combattere la malattia. Dal punto di vista spirituale: il sacramento conferisce il perdono dei peccati, qualora il malato non abbia potuto ottenerlo con il sacramento della Confessione - ed attraverso l'indulgenza plenaria la remissione delle pene, delle sofferenze dovute ai peccati anche a quelli già perdonati - infine una forza spirituale per vivere cristianamente la sofferenza ed eventualmente il passaggio della morte per giungere al aldilà.
Per i familiari, i parenti ed amici dell'ammalato, il sacramento dà loro una immensa serenità, li aiuta ad assistere bene l'ammalato sia fisicamente che moralmente e spiritualmente. Infine si direbbe che questo sacramento illumina, umanizza i medici e ed i paramedici che assistono l'ammalato.
4. Da questi vari frutti positivi si deduce che per tutti noi è un grandissimo dovere morale e spirituale di fronte all'ammalato il procurargli questo sacramento. Quindi la regola d'oro da seguire è questa: appena qualcuno si ammala seriamente, non aspettiamo, ma affrontiamo nel modo giusto questa situazione chiamando il sacerdote per fare incontrare il nostro ammalato col suo Medico celeste, Gesù Cristo; se aspettiamo e se poi la situazione dell'ammalato precipita, tutto diventerà ancora più difficile. Non lasciamolo soffrire da solo, privo dell'aiuto confortante della grazia di Gesù Cristo meritataci sulla Croce: questo non è né pietà né commiserazione verso l'ammalato, ma semplicemente insensibilità, anzi crudeltà. Per i nostri cari cerchiamo sempre le migliori cure, i migliori dottori o professori; quindi avviciniamoli al gran Medico, Professorone e specialista per eccellenza, ossia Gesù Cristo.
5. Se il vostro ammalato guarirà, vi renderete conto che il suo modo di affrontare la malattia e la sua guarigione hanno avuto qualcosa di sopra normale o soprannaturale, che è il frutto del sacramento. Se rimarrà con una malattia cronica o offeso in qualche modo, egli avrà la forza di affrontare la sua nuova condizione in un modo positivo e questo da subito.
6. Invece il privare di questo sacramento un vostro ammalato che poi non guarirà, potrebbe portarlo, lui che è il vostro genitore, parente, amico o conoscente, a morire in stato di peccato mortale e cioè separato da Dio e dalla sua grazia e poi cosa avverrà di lui nell'eternità? Nella migliore delle ipotesi lo costringiamo a soffrire un purgatorio lungo e dolorosissimo per colpa nostra e poi a dover accontentarsi d'avere in cielo solo un misero posticino, per cui egli si ricorderà eternamente della vostra grave negligenza. Il far dare questo sacramento al vostro ammalato lo condurrà ad una felicità

Cielo 1

In queste domeniche di Quaresima abbiamo affrontato temi cruciali della nostra vita dove ci troviamo davanti a delle scelte difficili da fare umanamente parlando, ma che in realtà sono dei bivi che appena imboccati nella giusta direzione portano una gioia ed un beneficio enorme.

Nella prima domenica abbiamo affrontato la difficoltà per chiunque di accettare una maternità imprevista perché si sopravalutano i disagi iniziali e si sottovaluta il bene che Dio vuole per tutti attraverso questa nuova vita. Dimentichiamo che se c'è stato concepimento, Dio era presente per creare l'anima in qualsiasi circostanza o modo sia avvenuto l'accoppiamento.

Abbiamo parlato in modo positivo anche del Sacramento della Riconciliazione nella seconda Domenica. Abbiamo messo in rilievo gli aspetti umani di liberazione, di sollievo. di serenità e di guarigione anche a livello psicofisico e psicosomatico che procura la Confessione oltre a quelli spirituali di perdono e di grazie per superare le nostre debolezze.

Due domeniche orsono abbiamo cercato di sottolineare il vero modo di vedere e vivere la sessualità, modo ben differente di come ci è presentato dalla società di oggi ma non per questo sbagliato o contrario (limitatore) alle bellezze della vita intima. Anzi vivendo la sessualità rispettandone la natura ( il cosiddetto sesso ecologico ) esso diventa fonte e mezzo per rafforzare l'amore in una coppia, mentre il sesso come ricerca erotica o vissuto per istinto ed egoismo distrugge ed allonta l'uno dall'altro.

Domenica scorsa per potere amare meglio i nostri parenti, amici e compagni di lavoro o di scuola, abbiamo cercato di rivedere e modernizzare il nostro concetto ed atteggiamento di fronte al Sacramento dell'Olio degli Infermi (Santo) che Cristo ha istituito specialmente per chi è ammalato. La regola d'oro è di non aspettare mai, di intervenire subito perché l'Olio degli Infermi aiuta in tutti i sensi l'ammalato a soffrire di meno e spesso anche a guarire più presto. Se lo stato di salute dovesse aggravarsi, diventa tutto più difficile e magari poi potrebbe anche essere troppo tardi ed avremo sulla nostra coscienza per sempre l'aver privato il malato di tante grazie, di una felicità maggiore in Paradiso, se non del Paradiso stesso.

Ora quest'ultimo argomento introduce di per sé l'argomento dell'odierna omelia e cioè il tema del Paradiso. Finalmente una cosa bella, anzi la più bella in assoluto, che tutti vogliono senza pensarci due volte.

Nei Vangeli, ci vengono riferiti molti miracoli di Gesù, ci sono anche tre casi di risurrezione: quella della figlia di Giairo (Mt 9,25), della figlia della vedova di Naïm (Lc 7.15), ma quella che più colpisce è quella di Lazzaro, che abbiamo sentito poco fa. Il Signore non è andato subito a trovarlo quando stava male ed avrebbe potuto guarirlo, non è andato a visitare la sua salma prima della sepoltura, ma ci è andato solo dopo 4 lunghi giorni; quindi quando la decomposizione del corpo era già avanzata per poi risuscitarlo. Perché? Perché come Egli stesso affermò "per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu (cioè Dio) mi hai mandato" (Gv 11, 42). Se crediamo in Cristo, se crediamo nel suo potere di far risorgere i morti, dovremmo credere anche nel Paradiso.

Ma come mai allora siamo così restii a volere andare a trovarlo? Come mai abbiamo tanta paura della morte? Perché siamo così affezionati a questa vita tutto sommato tanto difficile?

In parte è perché ci interessa poco andare a vedere qualcuno che conosciamo superficialmente, cioè Dio; poco ci attrae andare in un posto che non conosciamo affatto, cioè il Paradiso, e soprattutto il passaggio per andarci è una incognita, cioè la morte.
Quindi dobbiamo cercare di conoscere meglio ed amare di più chi andremo a vedere in Paradiso e cioè il Buon Dio. Dobbiamo cercare anche di avere un bel depliant turistico sul Paradiso così da invogliarci fino a sognare questo posto esotico.

Conoscere e quindi amare di più il Buon Dio vuol dire aumentare automaticamente il nostro desiderio di stare con Lui al più presto. Chi è l'innamorato che non vuole andare a vedere e stare con la sua innamorata? Chi è lo sposo o la sposa che ama profondamente la persona che ha sposato e non vuole convivere con essa? Chi è il genitore che non vuole vedere e stare con i figli che ha generato e viceversa? Quindi fermiamoci un attimo e pensiamo se e quanto vogliamo bene a Dio, a Cristo, alla Madonna ed anche ai nostri familiari e amici defunti che ci aspettano in Paradiso. Per aiutarci a non investire tutte le nostre energie ed a non affanarci troppo in questa vita e poi trovarci in difficoltà nell'ora della nostra morte, P. Stanislao diceva: "..la vera vita non è quaggiù, ma comincia dopo la morte, nell'aldilà, nel cielo." (Statuto art. 29)

Per farci una vacanza desiderata siamo disposti a fare km e km, a spendere avvolte anche i soldi che non abbiamo perché col pensiero, o magari con qualche foto o propaganda, quel posto ci sembra chissà che. Visto che è da una vita che sentiamo parlare del Paradiso e non ci attrae per niente l'idea di andarci, non sarà in parte perché ci fermiamo poco a pensarci e ad immaginarcelo?

Adesso che ci siamo stuzzicati l'appetito sul Paradiso, fermiamoci qui oggi con questi interrogativi sull'intensità del nostro desiderio di andare da Dio e sulla vita che ci aspetta nel Paradiso. Approfittiamo della Settimana Santa e poi della festa di Pasqua, ossia della risurrezione di Cristo, per riflettere su questi due quesiti in modo da incominciare ad approfondire e ad accrescere la nostra fede. Così, Gesù potrà dire anche a noi come disse a Marta: "se credi vedrai la Gloria di Dio".

Cielo 2


"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti ... Io vado a prepararvi un posto... Io sono la via" (Gv 14, 2 e 6). Queste confortanti parole di Gesù Cristo ci invitano oggi ad innalzare lo sguardo al cielo.
Le aspirazioni fondamentali di ogni persona sono le quattro seguenti: sentirsi amato il più possibile - amare al massino facendo quanto più del bene - diventare ciò che vorremmo essere - scoprire qual è il vero significato della nostra esistenza. Se la nostra vita terrena è piena di sofferenze, ciò è dovuto in gran parte al fatto che non riusciamo mai, per un motivo o per l'altro, a soddisfare queste nostre quattro aspirazioni fondamentali. Ebbene, è solo in cielo che queste verranno appagate ed inoltre al di là di ogni nostra aspettativa.
1. Prima aspirazione: sentirci amato il più possibile. Quando uno è innamorato, egli si sente trasformato e pieno di vitalità. Ebbene, questo effetto trasformante dell'amore verrà intensificato in modo sovrabbondante in cielo perché sperimenteremo l'amore di Dio che supera infinitamente qualsiasi amore che possiamo ricevere da qualunque persona in terra. Uno degli effetti dell'amore è quello farci sentire liberi e leggeri; ebbene, molti mistici, che hanno sperimentato solo un pochetto la felicità del cielo sono diventati qui sulla terra tanto leggeri da godere del fenomeno della levitazione!
2. Seconda aspirazione: Amare il più possibile. L'invocazione: "L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua" può farci pensare che il cielo sia come una specie di luogo di villeggiatura esotica dove non si lavora più dopo aver tanto sudato in terra per accumulare punteggio, ossia meriti per l'eterna pensione! No! In cielo si continua a lavorare, ossia a fare del bene! Ci sono due differenze tra il modo di operare il bene in terra ed in cielo. La prima: in cielo si lavora immensamente di più che sulla terra. Vi ricorderete che Santa Teresa del Bambino Gesù disse: "Voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra"; essa visse solo 24 anni, ma in cielo essa sta dal 105 anni; quindi da lì ella fa molto più del bene che ne fece in terra! Ogni volta che noi preghiamo un santo del cielo, lo sollecitiamo a darsi da fare per aiutarci e quindi a lavorare! Seconda differenza: sulla terra, il fare del bene è sempre faticoso e difficile a motivo dei nostri limiti umani; pensiamo ai genitori che, anche se sfiniti, accudiscono i figli o che anche ammalati vanno a lavorare; qui il bene costa sempre. Invece in cielo non c'è nessuna limitazione che ci impedisca o che ci renda difficile il bene che noi vogliamo compiere; anzi lì l'operare, il fare del bene è un piacere celeste! Da lì potremo fare molto più del bene ai nostri famigliari che in terra; pensiamo, per esempio, alle protezioni miracolose da incidenti ottenute con l'intercessione dei santi o dei nostri cari che stanno in cielo.
3. Terza aspirazione: diventare ciò che vorremmo essere. Una delle più grandi sofferenze qui in terra è il contrasto tra l'ideale che vorremmo raggiungere per sentirci pienamente realizzati e la dura realtà dei nostri limiti e difetti che ci impedisce il raggiungimento del traguardo tanto sognato. Ebbene, in cielo, avendo raggiunta la maturità della nostra santità a seconda dei nostri sforzi in terra, saremo pienamente noi stessi; sì, realizzeremo l'idea che Dio si era fatta di ciascuno di noi sin da tutta l'eternità! Per esempio S. Francesco d'Assisi, in vita sua, pacificò solo quelli uomini che lo incontrarono; ma da quando sta in cielo egli è diventato una figura universale che promuove il valore della pace anche tra i seguaci delle altri religioni!
4. Quarta ed ultima aspirazione: scoprire a qual è il significato e l'utilità della nostra vita. L'evolversi della nostra vita ci appare come il rovescio di un dipinto: si succedono tanti nostri impegni e sacrifici, accadono tanti avvenimenti e tutti questi sono come altrettante rapidissime pennellate, ma non riusciamo a cogliere nel suo insieme il dipinto della nostra vita. Ebbene, in cielo capiremo tutta la nostra vita e persino nelle sue minime sfumature; ci estasieremo scoprendo ogni minimo intervento di Dio nella nostra vita terrena; saremo commossi nel vedere come ogni nostra buona azione è stata presa in grande considerazione da Gesù Cristo che ci ringrazierà dicendoci: "Ogni volta che hai fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'hai fatto a Me" (Mt 25, 40).
5. La nostra breve vita terrena, sbocca, lo vogliamo o no, sull'eternità. E' solo in cielo che troveranno pieno appagamento queste nostre quattro aspirazioni fondamentali: sentirci amati il più possibile - amare al massimo facendo quanto più del bene - diventare ciò che vorremmo essere - scoprire qual è il vero significato della propria esistenza. Siamo convinti di questa bellezza che ci aspetta in cielo; P. Stanislao affermava con convinzione: "La vera vita, non è di quaggiù, ma comincia dopo la morte, nell'aldilà, in cielo" (St. 1974, art. 29); e per aiutarci a come giungervi egli diceva: "Quando facciamo del bene qui, viviamo già il cielo sulla terra" (P 1975.01.0). Perciò progrediamo ogni giorno sul cammino dell'amore cristiano che ci porta in modo sicuro al paradiso. Gesù Cristo ci ha detto nell'odierno brano evangelico di essere Lui la "via" per giungere cielo perché, tra l'altro, Egli ci ha dato il Vangelo della Carità che è l'autostrada del paradiso! Amen.

Puragatorio

La purificazione spirituale della mente e del cuore dei due discepoli di Emmaus avvenuta sotto il fuoco delle parole di Gesù ci richiama ad una verità della nostra fede che facciamo fatica ad accettare o capire, e cioè la purificazione dopo la morte, ossia il purgatorio.
Contrariamente a ciò che possiamo pensare, il purgatorio non è un castigo che il buon Dio infligge ad una anima dopo la morte, ma è semplicemente una purificazione e santificazione dell'anima la quale, prima di presentarsi al cospetto di Dio, sente il bisogno di rivestirsi di un vestito, come si suole dire "più bianco non si può". Infatti, il nostro peregrinare su questa terra in mezzo a tanta "polvere e fango" fa si che è quasi impossibile non sporcare la nostra anima; ora, bisogna capire che nel cielo non può entrare neanche l'ombra di una macchia.
Il grande dono della libertà di agire e di scegliere che Dio ci ha fatto implica una grande responsabilità alla quale non possiamo sfuggire. Infatti, ogni azione che compiamo in vita nostra, buona o cattiva che sia, ha una sua ripercussione nell'eternità. Le azioni buone, anche quelle insignificanti come il dare un bicchiere d'acqua ad un assetato, avranno la loro ricompensa in cielo. Parimenti, ogni azione cattiva che facciamo, anche quelle insignificanti, dovrà essere riparata con una penitenza o una purificazione. Diceva P. Stanislao: "Dio sarà giusto e meticoloso nel giudizio finale... ogni azione, pensiero, sentimento saranno esaminati e giudicati..." (1966.10.15)(VCF, p.18).
Questa verità però non deve spaventarci ma piuttosto indurci ad evitare il peccato, soprattutto quello grave, e riavvicinarci ai sacramenti istituiti dallo stesso Gesù per aiutarci a purificarci il più possibile già in questa vita.
Ecco la grandezza del sacramento della Riconciliazione. In esso possiamo riparare l'offesa fatta a Dio con il peccato; possiamo attingere quelle grazie di cui abbiamo bisogno per sanare le ferite che ci siamo inflitte con il peccato. Ma ogni nostro peccato, anche se perdonato da Dio, comporta una pena da espiare; infatti indipendentemente dal perdono che Dio ci ha dato, i nostri peccati comportano un debito di riparazione nei riguardi di Dio, che può essere soddisfatto del tutto o in parte a secondo dell'intensità della contrizione che abbiamo al momento della confessione e secondo l'ardore con cui compiamo la penitenza che il confessore ci da.
È possibile purificarci dalle pene dovute ai nostri peccati anche con la preghiera, soprattutto con la partecipazione alla Santa Messa (i discepoli di Emmaus sono stati purificati totalmente allo spezzare del pane da parte di Gesù), con l'accettazione e l'offerta delle prove e delle sofferenze della vita, con le opere di carità; diceva P. Stanislao: "Pur avendo commesso grandi peccati, tuttavia se siamo caritatevoli, il buon Dio ce li perdona" (1973.01.02)(VCF p.21). Infine, ci sono anche le indulgenze che la Chiesa concede a certi atti di pietà. Ciò che non siamo riusciti a purificare quaggiù, ecco che lo dovremo fare in purgatorio perché nulla, assolutamente nulla di imperfetto può comparire davanti a Dio in cielo.
Siamo attenti a non sottovalutare la purificazione del purgatorio. I grandi Santi e anche alcune rivelazioni di anime del purgatorio c'insegnano che le sofferenze espiatorie in purgatorio sono molto più grandi che quelle sulla terra. Inoltre, mentre la sofferenza terrena purifica e allo stesso tempo aumenta la nostra felicità del cielo, la sofferenza del purgatorio è solo purificatrice senza aumento di felicità celeste. Infine, un altro vantaggio della nostra condizione terrena è che possiamo da noi stessi meritare, riparare e purificarci con le nostre azioni buone mentre le anime del purgatorio non possono più nulla per se stessi; esse dipendono unicamente dall'intercessione dei Santi o dai suffragi dei cristiani sulla terra.
Perciò, ricordiamoci delle anime del purgatorio. Preghiamo e facciamo celebrare delle Sante Messe per loro; offriamo le nostre sofferenze o dolori per la loro rapida liberazione. Questo è un grandissimo atto di carità che si riversa poi a nostro favore in quanto queste anime diventeranno degli intercessori per noi presso Dio.
Queste considerazioni sul purgatorio c'inducono a cominciare già da adesso a prepararci per la vita futura. Approfittiamo dei mezzi che la Chiesa mette a nostra disposizione per conservare pura la nostra anima in modo da abbreviare il tempo da passare in purgatorio per espiare le pene dovute ai nostri peccati e così gioire al più presto della felicità del cielo quando arriverà la nostra ora.
Così sia.


Confessione: Esame di coscienza


L'avvento che inizia oggi è un tempo per prepararci a vivere con le giuste disposizioni interiori il Natale del Signore.
San Paolo nella seconda lettura ci indica la strada giusta per acquisire queste disposizioni esortandoci a gettare via "le opere delle tenebre", ossia i peccati, per "indossare le armi della luce" che sono le virtù.
Questo nostro avvento si colloca nell'anno dell'Eucaristia indetto dal Santo Padre. Quindi siamo invitati a prepararci ad accostarci degnamente alla Santissima Eucaristia, in modo particolare a Natale. Ma per poter comunicarsi degnamente, bisogna avere l'anima pulita. Ora, l'anima si purifica nel sacramento della confessione.
Dinanzi a questa esortazione alla confessione, molte persone si chiedono cosa devono confessare. Per fare una buona confessione, è necessario fare un buon esame di coscienza.
L'esame di coscienza è il mezzo con cui Dio ci "indica le sue vie perché possiamo camminare per i suoi sentieri" come diceva il Profeta Isaia nella prima lettura. Infatti, fare un esame di coscienza significa entrare nel profondo di se stessi e riflettere sinceramente sulla propria vita per vedere se le nostre azioni, il nostro modo di pensare e di vedere le cose è conforme ai Comandamenti di Dio, ai Comandamenti della Chiesa ed ai nostri doveri di stato.
L'esame di coscienza, è come un scendere nella propria cantina per vedere cosa devo buttare via per metterci cose nuove e buone. Visto la sua importanza come preparazione ad una buona confessione, l'esame di coscienza richiede alcune condizioni: la prima è il silenzio; il chiasso infatti è fonte di distrazioni che impediscono al nostro spirito di concentrasi. Poi, ci vuole la preghiera per chiedere l'aiuto dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo infatti, con i suoi doni, illumina la nostra mente e ci aiuta ad esaminarci a fondo, negli angoli più nascosti, in modo da individuare non solo le mancanze esterne concrete di ogni giorno, come ad esempio le mancanze di carità, di pazienza, di sincerità, ma la causa di tutte queste mancanze, la loro radice che potrebbe essere per esempio l'orgoglio o l'egoismo. E' poi contro queste radice che dobbiamo puntare i nostri sforzi se vogliamo purificarci seriamente. Infine, ci vuole la buona volontà e soprattutto la sincerità con se stessi per evitare di deformare la propria coscienza secondo i propri criteri o quelli, spesso sbagliati, del mondo moderno, o ancora secondo i nostri piaceri sui quali la società consumistica odierna esercita una influenza negativa molto forte.
Per aiutare le persone ad avere una coscienza retta, P. Stanislao, il nostro Fondatore, raccomandava di essere ordinati nelle cose materiali. Diceva infatti: "Se qualcuno non è ordinato nelle cose materiali o non da loro importanza, egli non ha una buona coscienza" (1975.03.14) (00017F*253).
Coloro che non sono abituati a fare l'esame di coscienza possono ricorrere a degli stampati fatti molto bene e con i quali si può individuare meglio i propri sbagli e mancanze. E' come se uno andasse all'ipermercato per capire ciò che gli manca.
Grazie ad un buon esame di coscienza, che può prolungarsi per alcuni giorni se è necessario, anche noi risponderemo all'invito di Gesù di rimanere svegli e giungeremo al pentimento sincero, elemento fondamentale per fare una buona confessione, come vedremo domenica prossima. Così sia.


Confessione: Contrizione

"Convertitevi"! Questa pressante esortazione di S. Giovanni Battista ci richiama all'Atto di dolore, che noi diciamo al termine della nostra Confessione. In questa commovente preghiera noi esprimiamo il nostro pentimento, e questi ci muove a convertirci.
1. L'Atto di dolore inizia con queste toccanti pa-role: "Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso Te, infinita-mente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa". Per capire bene questa preghiera, che tratta del dolo-re morale e spirituale, facciamo un paragone con il dolore fisico. Quando sentiamo un dolore fisico, esso è un segnale che ci avverte che abbiamo qualche malat-tia. Parimenti, quando la nostra coscienza ci fa un rimprovero, questo è il segnale che nel nostro rappor-to personale con Dio siamo alle prese con una malattia morale e spirituale, che è il peccato. Il peccato che abbiamo commesso o per ignoranza, o per debolezza come succede spesso, o con piena volontarietà, questo pec-cato è stato una disobbedienza ad una legge di vita che Dio ci ha dato per il nostro bene. Ora come un fi-glio con la sua disobbedienza offende i suoi genitori nella loro dignità, autorità morale ed amore di padre e di madre, allo stesso modo noi, con i nostri peccati abbiamo offeso e ferito Dio nella sua dignità di Crea-tore, di Signore e di Padre. Inoltre, se pensiamo a tutti i benefici di cui Dio ci ha ricolmati con tanto amore, il nostro peccato diventa spesso anche una grande ingratitudine nei suoi riguardi. Perciò P. Sta-nislao esclamava: "Dobbiamo avere un profondo sdegno per il peccato, che ferisce il cuore di Dio" (1974.03.05; 00010F*309). Nel disegno sotto l'altere, i peccati sono posti ai piedi della Croce perché sono stati la causa della Passione e Morte di Gesù Cristo. Vedendo l'offesa ed il grande dispiacere che abbiamo arrecato a Dio, anzi contemplando il Cristo crocifisso per noi, sentiamo un profonde dolore morale e spiri-tuale e lo esprimiamo dicendo l'Atto di dolore.
L'atteggiamento esteriore con il quale manifestia-mo il nostro pentimento è quello di inginocchiarci du-rante la confessione, come vediamo nel disegno. Diceva P. Stanislao: " Quando un uomo riconosce le sue colpe e si inginocchia davanti ad un sacerdote, in quel mo-mento egli diventa grande al cospetto di Dio " (1972.03.21 ; 00014F*109). Il disegno ci mostra anche che una intensa contrizione può portarci a piangere, come fece l'Apostolo Pietro allorché si pentì d'aver rinnegato tre volte Gesù Cristo. P. Stanislao, mentre confessava, si commuoveva spesso allorché vedeva quan-to i peccati facevano soffrire le persone che li ave-vano commessi e quanto ferivano Dio stesso (cfr 1986.11.16; 00018F*776).
2. Nell'Atto di dolore ci impegniamo dicendo : "Propongo col tuo aiuto di non offenderTi mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato". Un ammalato si cura prendendo dei medicinali e, se è il caso, sot-toponendosi ad un intervento chirurgico. Allo stesso modo noi, per curarci dalla malattia morale del pecca-to, seguiamo una terapia: è il fermo proposito di prendere tutti i mezzi adeguati per correggerci dai nostri difetti e così non peccare. Diceva P. Stanisla-o: "(La parola) incapace non esiste; tutto è possibile quando lo vogliamo, tutto dipende dalla nostra volon-tà" (1968.12.13 ; 00005F*022). Poi c'è l'intervento chirurgico: evitare le occasioni prossime di peccato, e cioè quelle situazioni che ci porteranno a ricadere nel peccato; nel disegno vedete che l'uomo pentito si è distaccato dai luoghi che lo portavano a peccare.
3. Al termine dell'Atto di dolore, noi invochiamo la misericordia divina dicendo: "Signore, misericor-dia, perdonami". Le nostre miserie morali, il cui peso ci opprime, le deponiamo ai piedi di Gesù Cristo Cro-cifisso infinitamente misericordioso e così ce ne li-beriamo, come vedete nel disegno. Il Signore risponde al nostro pentimento dandoci il suo perdono, i cui ef-fetti benefici sia umani che spirituali vedremo dome-nica prossima.

Confessione: Effetti

"I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano" (Mt 11, 5. Questi miracoli compiuti per dare una risposta ai discepoli di Giovanni Battista, Gesù Cristo continua a compierli in un certo senso ancora oggi nel Sacramento della Confessione di cui vedremo ora gli effetti benefici sia spirituali che umani.
1. Il peccato è una malattia morale e spirituale che interferisce nel nostro rapporto personale con Dio e può avere delle conseguenze negative anche sulla nostra salute psicologica e su quella fisica. Il grande mezzo per guarire la nostra anima dalla malattia del peccato è il Sacramento della Confessione. P. Stanislao diceva: "L'anima è molto delicata ed appartiene a Dio. E' per questo che esiste il sacerdote, il quale con dei mezzi soprannaturali e la grazia, guarisce le anime" (1987.02.07 ; 00018F*879). Perciò vedete nel disegno sotto l'altare che l'uomo, dopo essersi confessato, si sente molto meglio, perché guarito, liberato e felice.
2. I benefici spirituali della Confessione sono tre. In primo luogo, otteniamo il perdono di Dio, che si manifesta nella assoluzione dataci dal sacerdote. Questa assoluzione, che noi vediamo ed ascoltiamo, ci dà l'assoluta certezza che Dio ci ha perdonato tutti i nostri peccati. Così noi torniamo a vivere una nuova vita, come un cardiopatico che, grazie ad un trapianto di cuore, vive una nuova vita.
Il secondo beneficio spirituale della confessione è la nostra unione con Dio. A seconda dei casi, la confessione ripristina la comunione con Dio qualora sia stata interrotta da peccati gravi, o la consolida e rafforza se è stata solo allentata da peccati veniali. L'essere unito a Dio a seguito della confessione è molto importante; infatti quando gli siamo uniti, Dio infonde in noi la carità, che dilata il nostro cuore per cui amiamo di più e meglio.
Il terzo beneficio spirituale della confessione è che Dio ci dà tutte le grazie personalizzate di cui abbiamo bisogno per lottare contro i nostri difetti e per svolgere meglio i doveri e le responsabilità inerenti al nostro stato di vita.
3. In quanto ai benefici umani essi sono di varia natura. Un primo gruppo di questi riguarda la nostra stessa persona; per esempio, la confessione ci dà la pace e la serenità della coscienza liberandoci dall'oppressione di colpe e rimorsi - ristabilisce in noi una armonia ed un equilibrio psicologico - illumina la nostra mente per cui distinguiamo più chiaramente tra il bene ed il male - rafforza la nostra volontà. Inoltre la guarigione della nostra anima ha effetti benefici anche sulla nostro salute; per esempio, studi clinici hanno accertato che il perdonare agli altri ed il liberarci dall'odio e dai rancori, due peccati contro la carità fraterna, influisce positivamente sul nostro sistema nervoso, e ciò rafforza il nostro sistema immunologico, per cui siamo meglio protetti contro tante malattie. Infine, la Confessione migliora i rapporti interpersonali: avendo ricevuto noi per primi il perdono di Dio, diventiamo a nostra volta più comprensivi, pazienti e misericordiosi con gli altri; essendo in pace con Dio e noi stessi, stiamo in pace anche con il prossimo.
Ascoltiamo queste straordinarie parole che Gesù Misericordioso disse a Santa Faustina Kowalska circa il sacramento della Confessione: "Anche se un'anima fosse in decomposizione come un cadavere ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto fosse perduto, non sarebbe così per Dio: un miracolo della Divina Misericordia risusciterà quest'anima in tutta la sua pienezza … Per ottenere questo miracolo … basta mettersi con fede ai piedi di un Mio rappresentante e confessargli la propria miseria" (V.60).
Domenica prossima vedremo come la confessione ci aiuta a prendere le decisioni giuste nella vita.

Confessione: Decisioni giuste

In questa ultima domenica di Avvento, il Vangelo ci introduce bene nella tematica che abbiamo sviluppato nelle tre domeniche anteriori, ossia il sacramento della confessione, la sua importanza ed i suoi benefici. Oggi infatti, vedremo che la confessione aiuta a prendere le decisioni giuste nella vita.

Come San Giuseppe che si trovò dinanzi ad una situazione apparentemente contraddittoria, anche noi dobbiamo spesso affrontare delle situazioni difficili che esigono un alto grado di discernimento per non commettere errori. Pensiamo ad esempio ai giovani che devono decidere quale orientamento dare al loro futuro, ai matrimoni in crisi, ai genitori con problemi familiari di vario genere, ai professionisti e a coloro che hanno delle importanti responsabilità in relazione al bene della gente o di una nazione. Insomma, tutti abbiamo delle decisioni e delle scelte da fare nella vita, scelte che possono avere delle conseguenze importanti sia per noi che per gli altri. Diceva P. Stanislao: "Un errore può causarci danni immensi per tutta la vita" (1973.11.31) (00007F*205).

Dinanzi alle situazioni difficili, tante persone, ricorrono all'aiuto di qualcuno che è competente nel genere di problemi che affrontano, e questo è già un modo giusto di fare. Altri purtroppo si rivolgono al essoterismo; altri si lasciano, più o meno consapevolmente, imbrogliare pur di sentire quello che è più comodo. Ma spesso viene dimenticato il migliore di tutti i consiglieri, ossia il Buon Dio. Se San Giuseppe avesse consultato qualche parente o amico sul da fare nella sua situazione, avrebbe ripudiato subito sua Moglie, Maria. Invece, Egli si rivolse a Dio nella preghiera e così fu guidato a prendere la decisione giusta.
E' vero che Dio operò un miracolo per avvertire Giuseppe, ma è anche vero che Dio continua anche oggi a compiere in un certo senso lo stesso miracolo allorché ci parla soprattutto nel sacramento della confessione.

Per prendere la buona decisione in assunti importanti, occorre essere nelle disposizioni giuste per percepire quello che il Buon Dio vuole dirci al riguardo.

Quando una persona riflette e fa un buon esame di coscienza come abbiamo visto nella prima domenica di Avvento, quando essa si pente e chiede perdono a Dio dei suoi peccati come abbiamo visto nella seconda domenica, oltre che sentirsi bene come abbiamo visto domenica scorsa, essa si trova nella condizione ideale per prendere decisioni giuste perché l'orgoglio, l'egoismo, le passioni di ogni genere sono attenuate dalla grazia del Sacramento e sono sotto il controllo della propria volontà. In questo stato, siamo più atti a percepire la voce del Signore attraverso la nostra coscienza e quindi a scegliere la soluzione migliore riguardo ai nostri problemi o prendere la decisione giusta nei casi difficili ed importanti. Insomma, ci troviamo come l'uomo qui rappresentato nel disegno che vede bene i cartelli delle diverse strade, e discerne, con l'aiuto di Dio, quella giusta anche se sembra più stretta e tortuosa ma poi risulta più luminosa e facile.

Occorre ricordare che nella confessione, il Buon Dio può illuminarci attraverso il sacerdote che è uno strumento vivo nelle sue mani. P. Stanislao, che fu un grande apostolo della confessione, raccomandava un giorno a chi doveva prendere una decisione molto importante riguardo all'orientamento da dare alla propria vita: "Fa' una confessione generale prima di prendere la decisione" (1976.10.10) (00008F*189).

Sono tre settimane che ci siamo avviati verso Betlemme, "la Casa del Pane", per accogliere a Natale Gesù, il Pane disceso dal Cielo. Se lo accoglieremo con le giuste disposizioni interiori, sceglieremo sempre la strada giusta nella nostra vita perché Gesù è il Pane che da forza e coraggio per il cammino ed è Luce che illumina mente e cuore.

Confessione e Eucaristia


1. "Vi annunzio una grande gioia … oggi vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore", proclamò l'angelo ai pastori di Betlemme (Lc 2, 10-11). Quanto abbiamo bisogno di un Salvatore! Vorremmo tanto amare di più e meglio, però da soli non ci riusciamo. Ma ecco che è nato il Salvatore: Gesù è venuto ad offrirci due grandi aiuti così che noi possiamo amare alla grande: il sacramento della Confessione per vincere i nostri difetti e limiti ed il sacramento dell'Eucaristia per renderci partecipi dell'amore che consuma il suo Cuore!
2. Il primo grande aiuto è la Confessione; essa ci ha preparato a celebrare in modo giusto il S. Natale, che è la Festa dell'Amore di Dio per noi. Perciò abbiamo approfondito questo sacramento nelle omelie delle quattro Domeniche di Avvento anche con l'ausilio di quattro disegni che, come una corona di Avvento, integrano l'addobbo del salone. Il primo disegno, in basso a sinistra, illustra l'esame di coscienza con il quale prendiamo atto dei nostri sbagli. Il secondo disegno, in alto a sinistra, illustra l'Atto di dolore con il quale, unitamente al proponimento di migliorarci, ci rimettiamo sulla buona strada, quella del vero amore. Il terzo disegno in alto a destra, evidenzia i benefici della Confessione, tra cui c'è quello di amare come Dio vuole. Il quarto disegno in basso a destra ci mostra che, dopo la confessione, Dio ci aiuta a prendere le decisioni giuste per evitare le strade sbagliate dell'amor proprio. Questo Anno, come sapete, è l'Anno dell'Eucaristia; la condizione previa e essenziale per ricevere Gesù nella S. Comunione è quella di avere la coscienza purificata dai peccati mediante una buona confessione, così che Gesù Cristo trovi in noi una dimora ben pulita, profumata e addobbata dalla grazia di Dio e dall'amore di carità, come d'altronde Egli se Lo merita, essendo Egli l'Amore in persona ed il più grande di tutti gli Ospiti.
3. Il secondo grandissimo mezzo offerto da Gesù Cristo per aiutarci ad amare di più e meglio è il Sacramento dell'Eucaristia. Gesù nacque a Betlemme; il nome di questa cittadina della Giudea significa "la Casa del Pane". Ora nell'Eucaristia Gesù Cristo è realmente presente; perciò questo sacramento continua e prolunga la sua Incarnazione tra noi fino ad oggi. Nell'addobbo del salone, il Bambino Gesù è collocato all'interno di un grande pane per evidenziare che il Sacramento dell'Eucaristia è come una Betlemme permanente in mezzo a noi. Mentre i pastori ed i magi videro il Bambino Gesù solo una volta, noi siamo infinitamente più fortunati perché L'incontriamo costantemente! In primo luogo c'è la S. Messa domenicale dove incontriamo Gesù Cristo che ci illumina con i suoi insegnamenti e che rifà  con la S. Comunione le nostre forze logorate; perciò la S. Messa domenicale è come un rifornimento d'amore per amare di più e meglio durante l'intera settimana; diceva P. Stanislao: dalla S. Comunione ricaviamo "forza, carità e perseveranza" (St 99). In secondo luogo, noi incontriamo Gesù nel Tabernacolo delle nostre chiese dove Egli è costantemente presente per rincuorarci col suo amore; diceva P. Stanislao: "Se siete scoraggiati, andate a pregate davanti al tabernacolo a tu per tu con il Buon Dio". (1987.12.07; 00019F*053). Infine, Gesù ci invita a riceverLo nella Comunione spirituale se, per dei motivi personali, non Lo possiamo ricevere materialmente nell'Eucaristia; essa si fa mediante una preghiera in cui esprimiamo al Signore il nostro dispiacere di non poterLo ricevere sacramentalmente e gli diciamo il nostro grande desiderio di unirci a Lui e Gli offriamo tutto il nostro amore; la Comunione spirituale ci è sempre di grande aiuto per progredire sul cammino della carità giacché Gesù ha detto: "Colui che viene a me, non lo respingerò" (Gv 6, 37).
Il coro degli Angeli proclamò a Natale: "Pace in terra agli uomini che Dio ama" (Lc 2, 14). Questa pace è il frutto dell'amore di Gesù che abbraccia tutti nella sua nascita, ma che ci raggiunge personalmente nei Sacramenti della Confessione e dell'Eucaristia per aiutarci ad amare di più e meglio  Dio ed il nostro prossimo. Amen.

Motivazione: Rapporti personali

Per dare seguito e soprattutto per rispondere all'iniziativa del Santo Padre che ha dedicato quest'anno alla Santissima Eucaristia, rifletteremo durante le quattro prossime domeniche che precedono la quaresima su alcune ragioni o motivazioni per cui il nostro appuntamento domenicale con il Signore, assistendo alla Santa Messa, è importante e come esso può aiutarci nella vita concreta di tutti i giorni.
La nostra vita quotidiana è fatta di molteplici rapporti con altre persone a noi legate da legami familiari, di amicizia, di lavoro o anche casuali. Inoltre, il contesto sociale in cui ci troviamo fa sì che ci troviamo in contatto con tante persone di diverse estrazioni sociali, culturali e religiose. Questi rapporti iniziano già nelle scuole di tutti i livelli e ovviamente anche negli ambienti di lavoro.
In tutti questi rapporti, non di rado avvengono dei contrasti dovuti a molteplici ragioni, spesso caratteriali o di orgoglio o di egoismo, e questi contrasti rendono la vita difficile sia per noi che per le persone con cui viviamo.
Non dobbiamo pensare ne pretendere che per una buona convivenza, tutte le persone con cui viviamo o che abbiamo a che fare debbano adattarsi a noi, essere soggette al nostro modo di pensare o vedere le cose. No! C'è un lavorio importante da fare su se stesso onde diventare padroni dei nostri istinti, delle nostre passioni, e soprattutto dobbiamo imparare a controllare il nostro carattere. Ora, partecipare alla Santa Messa ogni domenica, in che modo esso può esserci utile per migliorare i nostri rapporti con il prossimo?
Prima di tutto partecipare alla Santa Messa la domenica significa andare a trovare una Persona, Gesù Cristo, che è più che un famigliare, più che un amico intimo. Significa andare a trovare Colui che ha creato la nostra anima e che l'ha salvata con la propria morte. "Quando celebro la Santa Messa, diceva P. Stanislao, sono stupefatto nel tenere nelle mie mani il Dio che mi ha creato e che ha pagato per riscattarmi" (1986.12.12) (00018F*803). Andare alla Santa Messa significa andare a trovare Colui che ci aspetta con le braccia aperte per confortarci e consolarci quando siamo afflitti, per perdonarci quando l'abbiamo offeso giacché Egli è "l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo", come lo ha definito Giovanni Battista nell'odierno Vangelo. L'incontro domenicale con Gesù nella Santa Messa rinsalda la nostra fede e quindi i nostri rapporti con Lui, ci fa sperimentare la sua bontà, la sua misericordia, la sua umiltà e man mano che ne prendiamo coscienza, siamo come spinti a prendere esempio da Gesù, ad abbandonare i nostri atteggiamenti sbagliati ed a imitare il modo con cui Gesù trattava con gli altri. Tutto ciò ci aiuta ad avere un rapporto più sereno, più costruttivo, più aperto e sincero con le persone con le quali viviamo e lavoriamo.
Quando poi la partecipazione alla Santa Messa è accompagnata dalla Santa Comunione sacramentale o spirituale, questa venuta del Signore nella nostra anima ci rende più forti contro le tentazioni e le debolezze e quindi capaci di amare il nostro prossimo anche a costo di sacrifici.
Questi sono soltanto alcune delle meraviglie che la partecipazione domenicale alla Santa Messa può operare in noi e nei nostri rapporti interpersonali. I primi cristiani dicevano: "Senza la domenica non possiamo vivere". Provare a dare alla Santa Messa domenicale questa importanza ci non ci costa nulla. Così sia.

Motivazione: Conversione

1. Ogni nostra settimana è spesso caratterizzata da due serie di fatti. La prima serie di fatti riguarda gli interrogativi che ci poniamo: infatti, siamo coinvolti nostro malgrado in varie situazioni, alcune felici, ma molte altre difficili e dolorose; pensiamo, per esempio alla malattie di un famigliare; inoltre succedono intorno a noi molti avvenimenti, spesso drammatici; pensiamo, per esempio, al terribile maremoto del Sud Est asiatico. Dinanzi a queste situazioni ed a questi avvenimenti tragici, ce ne chiediamo il perché e che cosa possiamo fare. La seconda serie di fatti riguardi i nostri sforzi: la nostra settimana è piena di impegni e di preoccupazioni sia in famiglia che al lavoro; inoltre siamo bombardati da varie sollecitazioni che tentato di allontanarci dalla fede; per cui a causa dei nostri faticosi impegni settimanali e dei nostri sforzi per rimanere al Vangelo giungiamo alla domenica spesso stanchi ed esausti. Chi può rispondere ai nostri interrogativi? Chi può ricaricarci moralmente e spiritualmente? La risposta è semplice: Gesù Cristo è presente alla S. Messa domenicale e ci aspetta per aiutarci a superare queste due serie di fatti.
2. In primo luogo, Gesù Cristo ci illumina riguardo agli interrogativi che ci poniamo. Ancora oggi durante la S. Messa, il Signore ci parla per mezzo del suo Vangelo e ci insegna allo stesso modo in cui, come scrive S. Matteo, egli "percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe e predicando la buona novella del Regno" (Mt 4, 23). Le situazioni e gli avvenimenti che ci interpellano, Gesù Cristo ce li fa considerare in modo profondo, vero e cristiano, ossia dal punto di vista di Dio, e così Egli ci fa superare la nostra superficialità ed il lavaggio di cervello fattoci dall'odierna mentalità sociale. Per esempio, il terribile maremoto viene illuminato da queste parole del Signore allorché disse: "Credete che … quei diciotto sopra i quali rovinò la torre di Siloé e li uccise … fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo" (Lc 13, 4-5). Perciò possiamo dire che anche a noi, che ascoltiamo Gesù Cristo durante la S. Messa domenicale, si applicano queste parole del profeta Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (Is 9, l). Ecco la luce del Vangelo di Gesù Cristo. Perciò P. Stanislao diceva: "Nel Vangelo, noi troviamo tutto" (1976.01.22; 00018F*109).
3. In secondo luogo, Gesù Cristo cura le ferite morali e spirituali che abbiamo riportate durante il  nostro combattimento settimanale. L'Evangelista S. Matteo scrive che Gesù, percorrendo la Galilea, curava "ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4, 23). Ecco: se il semplice gesto di toccare il Signore o di farsi imporre le mani da Lui guariva molti ammalati, quanto più sarà efficace e terapeutico per la nostra anima il ricevere in noi, dopo una buona confessione, Gesù Cristo stesso tramite la S. Comunione? Il Signore anzitutto ci disintossica, ci purifica da tutte le incrostazioni che si sono accumulate in noi durante la settimana appena conclusa; poi Egli rifà le nostre forze morali e spirituali così che affrontiamo con spirito di fede in Dio e determinazione la nuova settimana. Nell'odierno brano evangelico, Gesù Cristo ci diceva: "Convertitevi" (Mt 4, 17). Sì, Egli ci dà la forza della sua grazia così che, di settimana in settimana, possiamo convertirci, ossia vivere sempre meglio il suo Vangelo e vincere con il bene il male che ci circonda.
Ogni domenica, Gesù Cristo ci illumina con il suo Vangelo e ci guarisce con il farmaco della S. Comunione. Perciò noi esclamiamo, anzi cantiamo con il Salmista: "Il Signore è mia luce e mia salvezza".

Motivazione: Santità

Da qualche domenica, stiamo approfondendo le varie ragioni che spiegano perché la S. Messa domenicale ha una importanza vitale per noi. Con l'odierno brano evangelico delle Beatitudini, Gesù Cristo ci fa fare un grande salto di qualità nella nostra vita cristiana: Egli ci esorta non solo alla conversione come domenica scorsa allorché ci diceva: "convertitevi", ma ci chiama addirittura alla santità! Infatti gli atteggiamenti descritti nelle Beatitudini ci conducono alla santificazione.
1. La nostra prima reazione è molto probabilmente quella di pensare: "Io non ho la stoffa per essere santo. I santi nascono già tali. La santità è per gli altri". Ebbene, l'Evangelista S. Matteo scrive all'inizio dell'odierno brano: "vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere … (e) prendendo la parola, li ammaestrava, dicendo: 'Beati…". Il discorso delle Beatitudini è rivolto proprio alle "folle", non ad una piccola elite di supercristiani. Perciò tutti e ciascuno di noi, nessuno escluso, lo vogliamo o no, siamo chiamati da Gesù Cristo alla santità!
2. Ebbene, siccome la santità è per tutti, anche per questo motivo la S. Messa domenicale, che è fonte di santificazione per noi, è per tutti. Essa ci dà un triplice aiuto riguardo a questo nostro impegno di santificazione personale. In primo luogo, essa ci ricorda ogni settimana che questo è lo scopo della nostra vita. Bombardati dalle sollecitazioni del consumismo, siamo portati a dimenticare facilmente il traguardo della santità verso il quale dobbiamo incamminarci durante il nostro pellegrinaggio terreno. Ma ecco che Gesù Cristo nella S. Messa di ogni domenica ce lo ricorda a noi, spesso smemorati dal punto di vista spirituale.
In secondo luogo, il Signore durante la S. Messa domenicale ci giuda e ci mostra in modo concreto il cammino di santificazione che è personale per ciascuno di noi. Infatti, nel Vangelo ritroviamo tutte le situazioni della nostra vita, con le difficoltà, i problemi e le sofferenze che sono nostre. Ebbene, Gesù Cristo ci insegna come affrontarle e superarle sia da un punto di vista umano che spirituale, come lo vediamo chiaramente negli odierni insegnamenti delle Beatitudini.
Infine, in terzo luogo, il Signore durante la S. Messa domenicale ci dà la sua grazia per sostenerci nel nostro sforzo quotidiano di santificazione. Infatti la santità è il risultato della collaborazione tra la grazia divina ed i nostri sforzi perseveranti. Ora questa sua grazia Egli la dà soprattutto agli umili. Nell'odierna prima lettura il Profeta Sofonia diceva che Dio predilige "i poveri della terra … un popolo umile e povero"; e l'Apostolo S. Paolo nella seconda lettura osservava che, per far parte della sua Chiesa,  "Dio ha scelto ciò che nel mondo … è stolto … debole … ignobile… ciò che è nulla". Chi è umile, è bisognoso di Dio, e perciò va ad incontrarLo nella S. Messa domenicale per chiedere il suo aiuto; Dio si commuove dinanzi a questa nostra fiducia in Lui e  ci ricolma delle sue grazie.
3. Ecco il triplice aiuto offertoci dalla S. Messa domenicale: essa ci ricorda che dobbiamo santificarci, ce ne mostra il cammino nella nostra quotidianità e ci dà la forza della grazia di Dio per realizzarla. Nell'odierno brano evangelico Gesù Cristo ci ha proclamati "beati" ed ha concluso dicendo: "Rallegratevi ed esultate". Perciò la santificazione, sostenuta dalla S. Messa domenicale, ci fa sperimentare la vera felicità. P. Stanislao, che fu un pioniere ed un apostolo della santità dei laici, aveva ben ragione di abbinare questi due elementi dicendo: "Il Buon Dio ci ha chiamati a vivere nella santità e nella felicità" (1969.01.10 ; 00012F*093). Ecco le due ricchezze spirituali che attingiamo dalla S. Messa domenicale.

Motivazione: Identità

Le nostre riflessioni sull'importanza della Santa Messa domenicale non potevano finire meglio che con il vangelo di oggi dove Gesù ci dice: "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo". E' come se qualcuno ci dicesse: 'Tu sei la colonna principale, il perno su qui poggia questa famiglia, questa azienda o questa squadra'.
Oltre ad essere un grande onore, la condizione o l'impegno di essere sale della terra e luce del mondo è anche una responsabilità che esige da noi una continua fedeltà alla nostra identità cristiana onde essere all'altezza della nostra missione. E dove un cristiano può rafforzare la sua fede? Nella Santa Messa domenicale dove egli viene istruito dalla Parola di Dio e fortificato dalla grazia del Sacramento dell'Eucaristia.
Non è più un mistero ormai per nessuno che l'aria che respiriamo è sempre più inquinato. Ma non c'è soltanto l'inquinamento atmosferico a distrugere l'uomo moderno, c'è anche l'inquinamento ideologico, morale, materialista e del consumismo che sta spingendo un numero sempre crescente di persone all'esaurimento e all'esasperazione. Come non vedere nelle parole di Gesù oggi un rimedio, una via d'uscita da questo tunel buio in cui il mondo si è incanalato. Sì, noi cristiani siamo chiamati ad illuminare i nostri fratelli, siamo chiamati ad insaporire la loro vita perché il battesimo ci ha fatti diventare luce del mondo e sale della terra.
Ma la Santa Messa domenicale, che ruolo ha in questa nostra missione affidataci dal Signore? Ha un ruolo essenziale, fondamentale e ciò per due motivi.
1° La luce che noi siamo chiamati a irradiare sul mondo non proviene da noi come se fossimo fonte di luce. Infatti, la fonte della luce è Gesù. Ciò che il battesimo ha fatto in noi è che ci ha resi fluorescenti, ossia atti a ricevere da Gesù la luce che poi riflettiamo attorno a noi. Come sappiamo, gli oggetti fluorescenti hanno bisogno ad intervallo di essere esposti alla luce per brillare di nuovo. Ecco ciò che produce in noi la Santa Messa domenicale. Ci ricarica della luce che dopo una settimana si è affievolita, ossia ci aiuta a vivere da cristiani convinti e a compiere i nostri doveri religiosi e quelli inerenti al nostro stato di vita conformemente alle leggi di Dio e della Chiesa. E' così che siamo luce per i nostri fratelli.
2° Lo stesso raggionamento vale per quanto riguarda il fatto di essere sale della terra. Per insaporire il mondo di valori durevoli, bisogna essere noi per primi impregnati di questo sapore che è Gesù. Ecco che la Santa Messa domenicale si presenta come mezzo indispensabile per far crescere il nostro sapore, ossia il nostro amore verso Gesù. Infatti, nella Santa Messa domenicale, l'ascolto della sua Parola, l'unione con Lui attraverso la Santa Comunione sacramentale o spirituale, l'adorazione della sua presenza reale nel Santissimo Sacramento ci preservano contro gli agenti corrosivi del mondo e ci danno il coraggio e la forza di combattergli. Diceva appunto P. Stanislao: "Oggi giorno, bisogna essere dei lottatori accaniti come i primi cristiani" (00017F*216).
Quindi, non presumiamo delle nostre forze; ricorriamo ogni domenica alla fonte della luce e della grazia e saremo veramente luce del mondo e sale della terra.

Idoli


1. La prima lettura tratta dal libro della Genesi ci ha mostrato che noi veniamo da Dio; infatti "l'alito di vita" immesso da Dio nel primo uomo è l'anima spirituale ed immortale che Dio crea direttamente per ciascuno di noi al momento del nostro concepimento. La seconda lettura ci ha mostrato come Gesù Cristo, con la sua obbedienza vissuta fino alla morte in croce, ha espiato i nostri peccati e ci ha strappati al potere del diavolo. Questi due fatti, e cioè che siamo creati da Dio e riscattati da Gesù Cristo, evidenziano che la nostra vita, prima di dipendere dalle cose materiali, dipende da Dio: "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4, 4).
2. Purtroppo noi viviamo in modo superficiale e ci allontaniamo da Dio per seguire degli idoli. Nel disegno a sinistra in alto, vedete gli Ebrei che nell'Antico Testamento adorarono un vitello d'oro; essi credevano nel vero Dio, avevano sperimentato più volte la sua protezione, avevano visto i suoi prodigi con motivo delle piaghe che Dio inflisse agli Egiziani; eppure gli Ebrei voltarono la spalle a Dio, che parlava con Mosé sul monte Sinai, ed adorarono un idolo d'oro che si erano fatto.
Anche noi facciamo lo stesso. Se ci esamineremo sinceramente, constateremo che dipendiamo da tanti oggetti del consumismo moderno, i quali sono altrettanti idoli e vitelli d'oro. Vedete a destra nel disegno come la gente è affascinata, attratta da questi idoli moderni presentati in modo seducente ed ingannevole dal consumismo; è come nella terza tentazione dell'odierno brano evangelico allorché il tentatore mostrò a Gesù Cristo tutti i regni della terra con le loro ricchezze: le imbarcazioni e le auto superlussuose che ci fanno sognare - la cura esagerata del corpo a scapito della propria anima che ha molto più valore perché immortale - gli indumenti che devono essere firmati altrimenti non li indossiamo per non fare brutta figura - gli orologi da polso ed i gioielli griffati che sono un affronto ai miliardi di poveri - i cellulari, gli strumenti informatici e gli apparecchi televisivi sempre più sofisticati, ma fabbricati nel terzo mondo da una moltitudine anonima di lavoratori che sono dei veri e propri schiavi - il navigare ed il curiosare su Internet perdendo un tempo prezioso, che dovrebbe essere adoperato per pregare Dio e per fare del bene agli altri - le vincite supermiliardarie delle varie lotterie che sono, sì, dei veri idoli d'oro - il mangiare esageratamente, mentre un bambino muore di fame ogni 15 secondi nei paesi poveri, ecc.
Il criterio pratico per sapere se siamo dipendenti da questi e da altri idoli moderni è molto semplice: se non posso fare a meno di pensare costantemente a questi idoli, se sono convinto che il loro possesso mi porterà la felicità, allora essi mi dominano ed io sono il loro schiavo. Non agisco più secondo la mia dignità di uomo intelligente e libero, di signore dell'universo materiale, di figlio di Dio Padre e di fratello di Gesù Cristo, e sono ridotto ad essere un "consumatore", costretto a comprare continuamente delle cose materiali!
3. Diceva P. Stanislao: "L'uomo ha sete d'infinito e questa non può essere estinta dai beni limitati di questo mondo" (1972.04.23; 00010F*290). Perciò qual è la prima cosa da fare per liberarci da questi idoli moderni e per ritornare a Dio? Partecipare alla S. Messa domenicale! Questa viene come descritta in un certo senso dalle tre risposte fatte da Gesù al tentatore; infatti, nella S. Messa noi ascoltiamo "le parole che escono dalla bocca di Dio" e che ci danno la vera vita; adoriamo l'unico e vero Dio che si rende presente sull'altare nel Sacramento dell'Eucaristia; impariamo da Gesù Cristo ad adoperare in modo sobrio e disciplinato le cose materiali che sono buone, e così non offendiamo, non tentiamo la giustizia di Dio. Con la S. Messa, noi diamo il primo posto a Dio.
Per riordinare la nostra vita, impegniamoci a fare il digiuno di qualche ora di televisione, la quale ci impone con forza gli idoli moderni; leggiamo piuttosto qualche pagina della Bibbia, del Vangelo, o la biografia di un santo che ci è simpatico. "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"

Invidia


Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, vediamo un uomo cieco che Gesù guarisce grazie alla fede che questo uomo aveva in Lui.
Ci sono anche i Farisei i quali hanno la vista, e quindi vedono Gesù fisicamente, ma sono ciechi nei suoi confronti a causa della loro invidia. Infatti, Gesù è amato e stimato dalla gente per i prodigi che compie, e che loro, i Farisei non possono fare; ha una sapienza e una logica che gli mette sempre in imbarazzo; ha una predilezione per i poveri ed i peccatori che loro disprezzano, e che invece entusiasma le folle. Insomma, ha la stima, il rispetto e l'ammirazione delle folle che loro ardiscono tanto. La loro invidia li spinge all'odio ed al disprezzo di Gesù e persino del cieco guarito.
In che consiste quindi questo terribile male che è l'invidia? E' l'insofferenza dinanzi al fatto che un'altra persona abbia qualcosa che noi non abbiamo. E' desiderare tutto quello che vediamo che gli altri hanno al punto di rattristarci se non riusciamo a procurarcelo considerando questa privazione come un male per noi.
Il risultato dell'invidia è bene raffigurato nel disegno sotto l'altare. Si diventa cieco perché si è sommersi da troppe cose materiali che non ci soddisfano mai. Inoltre, ci sono delle cose nuove in continuazione nel consumismo per cui c'è  sempre qualcosa da invidiare negli altri. I mass media hanno un'arte di presentare le novità mondane tecnologiche, ed altre come indispensabili per essere felici.
L'uomo nel nostro disegno è anche triste perché nonostante aumenti i suoi orari di lavoro per guadagnare di più, non riesce a stare al passo. Questo affanno per accumulare soldi lo rende nervoso, incide sulla sua salute fisica e spesso anche psichica. Questo affanno e questa invidia sono cause di tensioni in famiglia e di competitività con i colleghi di lavoro. Insomma l'invidia è fonte di tanti disaggi. Alla fine, essa produce l'effetto diametralmente opposto a quello che uno si proponeva ed al quale una persona normale aspira, ossia una vita serena e felice.
Il secondo uomo del nostro disegno invece, che corrisponde al cieco guarito, sorride ed è felice. Perché? Perché la fede che egli ha saputo coltivare gli ha aperto gli occhi e le braccia su Gesù che è l'unico vero bene in questo mondo. Egli riconosce in Gesù il Figlio di Dio che lo ama e questa esperienza dell'amore del Signore gli fa capire la limitatezza dei beni materiali, la loro fugacità e quindi l'inganno che sta dietro alle sollecitazioni continue a favore del materialismo fomentato dai mass media.
Se dovessimo renderci conto di essere anche noi accecati dal terribile male dell'invidia, non dobbiamo scoraggiarci. E' possibile uscirne se seguiamo l'esempio dell'uomo cieco del Vangelo, ossia se rafforziamo la nostra fede ed il nostro amore verso Gesù il quale vuole ridarci la vista spirituale.
Un mezzo molto importante per rafforzare la nostra fede e il nostro amore verso Gesù è l'assiduità alla Santa Messa domenicale perché è qui dove Lo incontriamo personalmente allorché Egli vuole darci tante grazie.
Possiamo rafforzare la nostra fede ed il nostro amore verso Gesù anche attraverso le opere di bene che compiamo verso le altre persone. Il grande vantaggio della carità è che essa ci fa sperimentare la vera felicità mentre il possesso dei beni materiali ci procura solo una effimera e superficiale soddisfazione. Diceva P. Stanislao: "La più grande felicità dell'uomo sta nel fare del bene" (1984.08.21 ; 00018F*575).
C'è un altro passo importante da compiere per liberarci dall'invidia ed è il ricorso alla purificazione attraverso il sacramento della confessione. Se il cieco non fosse andato a lavarsi gli occhi come glielo aveva chiesto Gesù, non avrebbe ricuperato la vista.
Gesù ha fatto la parte sua per aiutarci ad essere felici. Tocca ora a noi collaborare con Lui. Così sia

Elenco dei temo trattati

l'invidia
Gli idoli
La Santa Messa Domenicale
Confessione e Eucaristia
Il Diavolo
Tu sei il mio figlio
Incontrare Gesù Cristo
In tempo di crisi
Concepimento vergibale di Maria
Mediante Maria

 
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